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martedì 14 novembre 2017

Zef Chiaramonte. Per un Comitato italo-albanese

Riceviamo e volentieri pubblichiamo quanto
in data odierna pervenutoci (sebbene datato 5 luglio u.s.)
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COMITATO ITALO-ALBANESE
PRO ERIGENDA METROPOLIA ECCLESIASTICA


Chi siamo: un gruppo di credenti laici arbëreshë al di qua e al di là dello Stretto;

Cosa vogliamo: la creazione di una Metropolia della Chiesa Italo-Albanese;

Perché: al riconoscimento dell’autonomia dell’Eparchia di Piana degli Albanesi nel 1967, dopo quella di Lungro nel 1919, segua il naturale coronamento della storia ecclesiastica degli Albanesi d’Italia di tradizione bizantina (cfr. Archim. Papas Marco Mandalà, 1905-1975).

Lungro-Piana degli Albanesi, 14.11.2017

La visita che L’Eparca di Lungro in Calabria, ha reso nei giorni scorsi all’Arcivescovo della Chiesa Ortodossa Autocefala di Grecia, ancorché lodevole sotto l’aspetto dei rapporti amichevoli tra osservanti la stessa tradizione costantinopolitana, viene pubblicizzata come evento epocale (di una delle componenti) della Chiesa Arbëreshe d’Italia.
In realtà si tratta della replica di un’altra consimile visita, allora etichettata come “Crociera della fraternità”, resa circa quarant’anni fa da parte dell’altra componente della Chiesa Arbëreshe: l’Eparchia di Piana degli Albanesi in Sicilia.
L’elemento che tutte e due le caratterizza è, purtroppo, una assoluta “idiotìa”: infatti, ognuna delle componenti, all’insaputa e, quindi, senza il minimo coinvolgimento dell’altra, presenta se stessa come rappresentante dei fedeli arbëreshë di tradizione bizantina, non tralasciando, però, tutte e due le componenti, di appiattire la fisionomia albanese su quella greca, attraverso l’insistita confusione tra bizantinità e grecità.
Solo chi non conosce la storia dei Balcani non sa quanto sia costato (e potrebbe ancora costare), in termini di vite umane di guerre, vessazioni e di sradicamenti, questa confusione!
È risaputo che quello Bizantino, come prima il Romano e, poi, l’Ottomano, era uno Stato multietnico, e il fatto che gli Arbëreshë in esso, e poi fuori di esso, seguissero e seguano la tradizione ecclesiastica bizantina, non li rende greci.
Noi, laici cristiani arbëreshë non riusciamo ancora a capire quali ragioni spingano, ancora oggi, i nostri prelati a tale appiattimento, invece di curare le nostre vere radici, già chiaramente indicate, nel Settecento, dal servo di Dio Padre Giorgio Guzzetta nella sua opera De Albanensibus Italiae rite excolendis ut sibi totiquae S. Ecclesiae prosint. e da Paolo Maria Parrino nel De perpetua consensione Albanensis Ecclesiae cum Romana…
Opere recentemente ben studiate e scientificamente riprese da Mons. Gasper Gjini nella sua tesi di dottorato alla Pont. Università Gregoriana dal titolo Dioqeza e Shkup-Prizrenit nëpër shekuj.
Al fine di ribadire l’apax, l’unicità della posizione ecclesiastica degli Arbëreshë nell’ecumene cristiana, e desiderando finalmente una tangibile unità delle due componenti della Chiesa Arbëreshe che, nonostante la celebrazione di sinodi intereparchiali, continuano a cercare koinonìe con i lontani tralasciando l’agape fraterna tra prossimi, il nostro Comitato nel corso del presente anno di grazia ha elaborato, e ultimamente fatto recapitare, un Appello a Papa Francesco, il cui testo viene ora pubblicato nella sua interezza e autenticità per denunziarne plagi e scansare dicerie untorie.


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COMITATO ITALO-ALBANESE
PRO ERIGENDA METROPOLIA ECCLESIASTICA

A Sua Santità
FRANCESCO
Papa di Roma


Santità,
siamo dei fedeli laici della Chiesa Italo-Albanese che intendiamo supplire al prolungato tentennamento del nostro Clero nella ricerca di nuove modalità atte a rinsaldare, oggi e nel futuro, la nostra particolare Comunità ecclesiale di origine albanese e di tradizione bizantina.
Non potendo confidare nell’aiuto della Conferenza Episcopale Italiana, istituzione recente e pertanto immemore della nostra storia, né in quello della Congregazione Orientale perché non risponde alle reiterate istanze di nostri esponenti, ci rivolgiamo direttamente a Lei, Santità, consci come siamo che la prosecuzione della nostra esperienza di cristiani orientali, fortemente legati a Roma, dipenda unicamente dalla saggezza della Santa Sede e della Santità Sua.

PREMESSE
In Italia vivono da oltre 550 anni cittadini italiani di lingua albanese e di tradizione canonico-liturgica orientale: essi chiamano se stessi ARBËRESHË e hanno resistito alla latinizzazione occorsa ad altri Arbëreshë.
La loro esistenza di esuli riparati in Italia davanti all’invasione ottomana dell’antica Patria è stata abbastanza travagliata, soprattutto dal versante religioso.
La Sede Romana, tuttavia, ha sempre cercato di proteggere le loro Comunità contro i soprusi delle signorie locali e gli empiètements dell’episcopato latino, successivi all’interruzione dei rapporti degli Arbëreshë con la gerarchia di provenienza.
Infatti, molto prima che la Repubblica Italiana riconoscesse loro lo status giuridico di Minoranza Linguistica Storica (Legge 15 dicembre 1999, n. 482), la Santa Sede aveva istituito per loro il Collegio Greco di Roma. nel sec. XVI, poi, due “Vescovi Ordinanti per il Rito Greco” e due Collegi di studi a San Demetrio Corone (CS) e a Palermo, nel sec. XVIII.
In seguito (sec. XX), la S. Sede creò due Eparchie, a Lungro (CS) e a Piana degli Albanesi (PA), annoverandole nell’Annuario Pontificio come “Chiesa Italo-Albanese”, unitamente all’antico Monastero italo-greco di Santa Maria di Grottaferrata. Anche questo Monastero, abitato ultimamente a maggioranza da monaci italo-albanesi, ha ricevuto le migliori cure da parte dei Pontefici Romani, sino a diventare “esarchico” o abbazia nullius.
Queste tre Circoscrizioni ecclesiastiche, prendendo l’abbrivio dal Concilio Vaticano II che ha tanto riconosciuto e lodato il ruolo delle Chiese Orientali, avrebbero dovuto presentare subito istanza alla Suprema Autorità per costituirsi in Metropolia. Si sarebbe sanato, così, un vulnus che vede gli Italo-Albanesi, cronologicamente i più antichi orientali cattolici, ancora privi di un requisito canonico tradizionale presso ogni Chiesa Orientale in comunione col Vescovo di Roma (Patriarcato, Arcivescovato Maggiore, Metropolia).
Si tenga conto che gli Albanesi d’Italia son da sempre in comunione con Roma, seguendo in ciò la linea della Chiesa Illirica sino alla crisi iconoclasta, poi ripresa col Concilio di Firenze. Essi, pertanto, non sono “uniati”, ma “ortodossi con Roma” e costituiscono un unicum nella storia della Chiesa universale, la cui conservazione, che ascriviamo a speciale merito della Chiesa di Roma, va preservata.
Ultimamente (2004/2005), le tre Circoscrizioni hanno celebrato insieme un Secondo Sinodo Inter-eparchiale, i cui deliberata sono stati promulgati da Papa Benedetto XVI nel 2010.
La modalità sinodale seguita in tale consesso e le deliberazioni adottate, ci sembravano finalmente la naturale prefigurazione di una METROPOLIA.
Neppure stavolta, inopinatamente, tale richiesta è stata avanzata dai nostri Ordinari!

OSSERVAZIONI
A questo Comitato pare che a scoraggiare tale richiesta sia soprattutto il Dicastero cui compete l’alta tutela delle Chiese Orientali Cattoliche nel mondo che, a nostro parere, da tempo non tutela abbastanza la nostra Chiesa Italo-Albanese, non curandone sufficientemente la preparazione dei futuri presbiteri che, in Sicilia, rientrano in diocesi ignari e quasi sprezzanti delle tradizioni del popolo cristiano di appartenenza, e nominandovi, come da tempo va facendo a Piana degli Albanesi, Ordinari, Delegati, Amministratori Apostolici che non riescono a dare impulsi rigeneratori alla spiritualità di questa porzione della Chiesa Arbëreshe, alla sua liturgia, alle tradizioni, agli usi, ai costumi, alle lingue e ai canti liturgici: tutte preziose espressioni e testimonianze di fede cristiana, vissute in situazione di minoranza e non raramente di avversione.
Anche se cultore di ipotetiche future novazioni amministrative concepite, a quanto pare, nell’ambito della suddetta Congregazione, senza la consultazione dei presbiteri e del Popolo di Dio, non ci sembra opportuno che l’attuale Vescovo/Eparca di Piana degli Albanesi sottovaluti e discrimini quanto da noi amorevolmente conservato per secoli, mentre è risaputo che antropologia e pastorale indicano nelle sane tradizioni di un popolo l’ancoraggio per una nuova evangelizzazione.
A tal proposito preme segnalare che le forme peculiari dell’esperienza cattolica orientale, presente in diverse realtà culturali ed ecclesiali italiane, non possono essere individuate tout court in un precostituito generale ed unico quadro teo-ideologico. Non si possono giustificare realtà recenti, che possono anche apparire troppo artificiali, con quelle autentiche radicate in Italia su solide basi ecclesiologiche, storiche e culturali.
Si ha, altresì, l’impressione che, instaurati rapporti diretti con l’Ortodossia greca e slava, la Congregazione Orientale veda, ora, la Comunità Italo-Albanese, Chiesa orientale storicamente e geograficamente più prossima alla Sede Romana, come un peso e non più come una risorsa, dimentica di un passato ricco di collaborazioni e di servizi alla causa dell’ecumenismo, come ebbero a sottolineare il Beato Papa Paolo VI, il Santo Papa Giovanni Paolo II e il Papa emerito Benedetto XVI.
Su questa linea “eversiva”, più che pastorale, ci sembra elargita la nomina all’attuale Vescovo di Piana degli Albanesi, sulla cui opportunità chiediamo un riesame.
Non ci possiamo rassegnare a diventare i destinatari di un anatema, né di un vero genocidio cultuale e culturale! Che richiamano i tempi del post Concilio di Trento, quando, se non riusciva la latinizzazione di questa Comunità, per non chiamarla Chiesa veniva inventato il termine riduttivo di Rito.

Tutto quanto sopra premesso e considerato,

QUESTO COMITATO

interpretando la coscienza comune e l’attuale senso di smarrimento degli Italo-Albanesi davanti al tradimento dei loro più profondi sentimenti e di una storia ormai plurisecolare, si permette di richiamare alla mente della Santità Sua:

- il “patto di fedeltà” non scritto, ma diuturno, tra gli Arbëreshë e la Sede Romana;
- il servizio da loro reso alla Santa Sede con le missioni cattoliche in Albania durante la dominazione ottomana;
- il loro impegno nell’avere “anticipato il moderno ecumenismo” (Paolo VI);
- la fedeltà degli Arbëreshë allo Stato Italiano, alla cui formazione unitaria e democratica hanno contribuito con propri esponenti di spicco;
- la loro testimonianza della Chiesa indivisa, quale ultimo frammento di quell’antica Chiesa Illirica, di fondazione paolina, di tradizione orientale, sempre in comunione col Vescovo di Roma dal quale furono forzosamente separati con la crisi iconoclasta, ma alla cui comunione tornarono senza indugi con il mai rinnegato Concilio di Firenze;
- il ruolo di identità religiosa culturale e civile che gli Albanesi d’Italia di tradizione costantinopolitana, se pastoralmente e culturalmente ben guidati e rappresentati, continueranno a svolgere nei confronti del mondo albanese e balcanico, quale anamnesi dell’epoca preottomana, rivolge

APPELLO ALLA SANTITA’ SUA

che tanto apprezzamento mostra verso il Popolo Albanese, del quale siamo antico ramo e gjak i shprishur=sangue sperso, verso la sua tradizionale tolleranza religiosa e verso i suoi Santi e Martiri antichi e recenti, perché si proceda all’erezione della

METROPOLIA DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE

affidando alla figura del Metropolita la funzione di capo-rito così come all’Arcivescovo di Milano è affidata la medesima funzione per il Rito Ambrosiano

La ringraziamo, Santità, per l’attenzione che vorrà dedicare alla nostra richiesta e devotamente imploriamo la Sua apostolica benedizione.

Piana degli Albanesi – Lungro, 5 luglio 2017

     IL SEGRETARIO                                                 IL PRESIDENTE
Prof. Giuseppe Chiaramonte. bibliot.                                  Salvatore La Barbera, ufficiale r.t.

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KOMITETI ITALO-ARBËRESH
PRO ERIGENDA METROPOLIA ECCLESIASTICA”



Shenjtërisë së Tij
FRANCESKUT
Papa i Romës


Shenjtëri,
jemi besimtarë katolikë laikë të Kishës Arbëreshe që duam t’Ju lutemi mbi ngurrimin e tejzgjatur të Klerit tonë në kërkimin e mundësive të reja për të forcuar, për sot dhe për të ardhmen, veçantinë e Bashkësisë sonë fetare me origjinë shqiptare dhe me traditë bizantine.
Duke mos mundur që të kemi ndihmën e Konferencës Ipeshkvnore Italiane, institucion relativisht i ri dhe që nuk e njeh sa dhe si duhet historinë tonë të shkuar, dhe as të Kongregacionit për Kishët Lindore që nuk i është përgjigjur kërkesave të përsëritura të eksponentëve tanë, po iu drejtohemi dretpërdrejt Juve, Shenjtëri, të vetëdijshëm që vazhdimësia e përvojës sonë si të krishterë të traditës lindore të lidhur fort me Romën, varet nga urtësia e Selisë së Shenjtë dhe e Shenjtërisë suaj.

HYRJE
Në Itali jetojnë nga më shumë se 550 vjet qytetarë italianë me prejardhje dhe gjuhë shqiptare dhe me tradita kanonike-liturgjike bizantine: ata quhen ARBËRESHË dhe i kanë rezistuar latinizimit të pësuar nga arbëreshë të tjerë.
Ekzistenca e tyre si të shpërngulur në Itali nga pushtimi turk-osman i atdheut ka qenë problematike, sidomos në aspektin fetar. Megjithatë, Selia e Shenjtë i ka mbrojtur gjithnjë komunitetet arbëreshe nga padrejtësitë e sundimtarëve vendas dhe të empiètements të ipeshkvinjve latinë, mbas ndërprerjes së çdo marrëdhënjeje të arbëreshëve me hjerarkinë kishtare të vendit amë.
Në fakt shumë kohë më përpara që Republika Italiane të njihte statusin e tyre juridik si Pakicë Gjuhësore Historike (Ligji 15 dhjetor 1999, n. 482), Selia e Shenjtë kishte ngritur për ta Kolegjin Grek të Romës në shekullin XVI dhe, më vonë, në shekullin XVIII, dy “Ipeshkvinj Shugurues për ritin Grek” (nënkupto: arbëresh) dhe dy Kolegje studimi në Shën Mitër Koronë (San Demetrio Corone – CS) dhe në Palermo.
Në vijim, shek. XX, Selia e Shenjtë krijoi dy Eparki: në Ungër (Lungro - provinca e Kozencës) dhe në Piana degli Albanesi (Hora e Arbëreshëvet - provinca e Palermos), duke i shënuar në Vjetorin Papnor si “Kisha Italo-Shqiptare”, sëbashku me Abacinë (Manastirin) italo-greke të Shën Mërisë së Grottaferrata-s. Edhe kjo Abaci (ky Manastir), e banuar në kohët e vona më së shumti nga murgj me prejardhje arbëreshe, ka patur përkujdesjet më të mëdha nga Papët e Romës, deri në shpalljen “hezarkike” apo abaci nullius.
Këto tri Qarqe fetare, duke marrë shkas nga Koncili i Dytë i Vatikanit, që ka njohur dhe lavdëruar rolin e Kishave Lindore, do të ishte dashur që të shfaqnin menjëherë instancë Autoritetit Suprem për t’u bashkuar në një Mitropoli. Do të ishte korrigjuar kështu një vulnus që bën që komuniteti më i vjetër lindor) katolik i pranishëm në Itali, siç është ai arbëresh, të jetë ende pa një institucion kanonik tradicional siç e ka çdo Kishë Lindore në bashkim me Ipeshkvin e Romës: Patriarkanë, Kryeipeshkvi, Mitropoli.
Të kihet parasysh që Arbëreshët e Italisë kanë qenë dhe janë gjithmonë të bashkuar me Kishën e Romës, duke ndjekur me këtë linjën e Kishës Ilirike deri në krizën ikonoklaste të rimarrë përsëri me Koncilin e Firences. Ata nuk janë “uniatë”, por “ortodoksë me Romën” dhe përbëjnë një rast tepër të veçantë, një unicum në historinë e Kishës Universale, ku një meritë të veçantë për këtë ka Kisha Katolike e Romës, mbrojta e të cilit duhet garantuar.
Së fundi (në vitet 2004-2005), të tri Qarqet Kishtare kanë celebruar sëbashku një Sinod Ndërheparkial, vendimet e të cilit janë miratuar nga Papa Benedikti i XVI-të në vitin 2010.
Mënyra sinodale e ndjekur në këtë kontekst dhe vendimet e marrura në të, na dukeshin si përfytërimi i një angazhimi që në mënyrë natyrore do të çonte në formimin e një MITROPOLIE.
Për fat të keq, as në këtë rast nuk u shtrua një kërkesë e tillë nga Ipeshkvinjtë tanë.

VEREJTJE
Ai që nuk ka inkurajuar një kërkesë të tillë, siç i duket këtij komiteti, është Dikasteri të cilit i përket mbrojta e Kishave Lindore katolike në botë që, sipas mendimit tonë, tash disa kohë nuk mbron sa duhet Kishën tonë Arbëreshe, duke mos përgatitur sa dhe si duhet klerin, formimi i të cilit lë për të dëshiruar, si për shembull në Siqili, ku arrijnë në dioçezë pa i njohur dhe gati duke përbuzur traditat e popullit të cilit i përkasin, apo duke emëruar, siç ka bërë tash disa kohë në Piana degli Albanesi (Hora e Arbëreshëvet), Delegatë, Administratorë Apostolikë etj., të cilët nuk arrijnë që t’i japin impulse përtëritëse shpirtit të kësaj pjese të Kishës Arbëreshe, traditave e zakoneve të saj, gjuhëve dhe këngëve liturgjike: të gjitha këto shprehje dhe dëshmi të fesë së krishterë, të jetuara në gjendje pakiceje dhe shpesh herë të vëna në shënjestër.
Edhe pse lëvrues i risive ipotetike të ardhshme administrative të menduara, me sa duket, brënda këtij Kongregacioni, të paramenduara pa konsultimin e klerit dhe të popullit, nuk na duket e udhës që Dhespoti aktual i Eparkisë së Horës së Arbëreshëvet (Piana degli Albanesi) të nënvleftësojë dhe të diskriminojë çdo gjë që ne me dashuri dhe përkushtim kemi ruajtur në shekuj, kur është botërisht e njohur që antropologjia dhe baritorja na tregojnë që në traditat e shëndosha të një populli qëndron baza për një ungjillizim të ri.
Në mënyrë të veçantë duam të sinjalizojmë që format e ndryshme të veçanta të eksperiencës katolike orientale, të pranishme në realitete të ndryshme kulturale dhe fetare në Itali, nuk mund të bashkohen tout court në një kuadër të vetëm teo-ideologjik të parapërgatitur artificialisht. Nuk mund të justifikohen krijesa të tilla hibride, të ndërtuara nga bashkimi i elementëve të ardhur si pasojë e ndryshimeve gjeo-politike të reja, me realitete autentike që kanë zënë rrënjë në Itali mbi baza të qëndrueshme fetare, historike dhe kulturore.
Na duket se, me t’u vendosur marrëniet e drejtpërdrejta me Ortodoksinë greke dhe sllave, Kongregacioni Oriental e sheh tani Bashkësinë Arbëreshe, Kishë orientale historikisht dhe gjeografikisht më e afërta me Selinë e Romës, si një peshë dhe jo më si një burim, duke harruar të shkuarën aq të pasur me bashkëpunime dhe shërbime për kauzën e ekumenizmit, siç e kanë theksuar i Lumi Papa Pali VI, Papa Shejt Gjon Pali II dhe Papa Benedikti XVI.
Sipas kësaj linjeje, më tepër “eversive” sesa pastorale, na duket se është ideuar emërimi i Dhespotit aktual të Horës së Arbëreshëvet, për çka kërkojmë një shqyrtim për të verifikuar se një zgjedhje e tillë është bërë me vend apo jo.
Nuk mund pranojmë të bëhemi destinatarë të një anateme (mallkimi) as të një gjenocidi të vërtetë të ritit dhe kulturës sonë! Që na bën të kujtojmë kohën, fill mbas Koncilit të Trentos, kur, nëse nuk arrihej latinizimi i kësaj Bashkësie, për të mos e quajtur Kishë ishte zbuluar termi zvogëlues Rit.

duke konsideruar të gjitha këto

KY KOMITET

duke interpretuar ndërgjegjen e përbashkët dhe ndjesinë e tanishme të përhumbjes që ndjejnë Arbëreshët përpara tradhëtisë së ndjenjave të tyre më të thella dhe të historisë shumëshekullore, dhe duke i kujtuar Shenjtërisë Suaj:
- “marrëveshjen e besnikërisë”, jo të shkruar, por të mbajtur gjallë tash qindra vjet ndërmjet Arbëreshëve dhe Selisë së Romës;
- shërbimin e bërë prej tyre ndaj Selisë së Shenjtë me misionet katolike në Shqipëri gjatë pushtimit otoman;
- përkushtimin e tyre “që herët në ekumenizmin modern” (Papa Paolo VI-të);
- besnikërinë e Arbëreshëve ndaj Shtetit Italian, për formimin dhe demokratizimin e të cilit kanë kontribuar me eksponentë të tyre të shquar;
- dëshminë e tyre si pjestarë të Kishës së pandarë, fragmenti i fundit i asaj Kishe Ilirike lindore, të formuar nga shën Pali, me traditë lindore e perëndimore, gjithmonë në bashkim me Ipeshkvin e Romës nga i cili u shkëputën me forcë nga ikonoklasmi, por nga i cili u kthyen pa ngurrim me asnjëherë të mohuarin Koncil i Firencës;
- rolin e identitetit fetar, kulturor dhe civil që Arbëreshët e Italisë të traditës bizantine, nëse do të jenë të udhëhequr mirë nga ana baritore dhe kulturore dhe të përfaqësuar mirë në nivelin e Mitropolisë, do të vazhdojnë të luajnë në raport me Shqipërinë dhe Ballkanin, si një kujtim i epokës së para pushtimit turk,

i drejton

APEL SHENJTERISE SUAJ

që aq shumë e do Popullin Shqiptar, degë e vjetër dhe “gjak i shprishur” i të cilit jemi, për tolerancën fetare që ushtron dhe për Martirët e vjetër dhe të rinj të tij,

që të ngrihet

MITROPOLIA E KISHËS ARBËRESHE TË ITALISË

duke i besuar figurës së Mitropolitit funksionin e Kryetarit të Ritit ashtu siç i njëjti funksion i është besuar Arqipeshkvit të Milanos për Ritin Ambrozian.
Ju falenderojmë, Shenjtëri, për vëmendjen që do t’i kushtoni kërkesës sonë dhe me devotshmëri lusim bekimin Tuaj apostolik

Piana degli Albanesi – Lungro, 5 korrik 2017


         SEKRETARI                                                                  PRESIDENTI
Prof. Giuseppe Chiaramonte. bibliot.                                Salvatore La Barbera, ufficiale r.t. (oficer në lirim)

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