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domenica 8 ottobre 2017

Hanno detto ... ...

JOSCHKA FISCHER, storico e politico tedesco. È stato Ministro degli affari esteri della Germania e Vice-Cancelliere nel Governo guidato dal socialdemocratico  Gerhard Schröder dal 1998 al 2005

«Le cause non sono europee ma le conseguenze lo sarebbero. È decisivo, per il futuro dell’Unione, che uno dei suoi membri essenziali, la Spagna, non vada a pezzi. Va trovata una soluzione nell’ambito della Costituzione; e sono gli spagnoli a doverlo fare. La sfida è però più generale: se prevalessero tendenze secessioniste, oggi in Catalogna domani altrove, l’Europa non reggerebbe».  

«Sono abbastanza ottimista - afferma sorridendo Fischer - sul futuro della Germania. Il 13% ad Alternative für Deutschland è deprimente ma fisiologico, e non peserà granché. Angela Merkel, seppure alquanto indebolita, guiderà l’Europa insieme a Macron nei prossimi anni. Dovremo farlo, l’America non lo farà più al nostro posto. E vista la rapidità della storia, non abbiamo più tempo da perdere». 

«I tedeschi sono comunque tedeschi, nel senso che restano testardamente ancorati alla loro cultura economica, fiscalmente conservatrice. Io non sono d’accordo, ma è la realtà. Guardando al dibattito sull’Eurozona, tuttavia, la questione decisiva non sono i soldi. La questione vera è la fiducia o meglio la sua mancanza. Solo ricostruendo un certo grado di fiducia fra Nord e Sud, le riforme saranno possibili: più flessibilità e solidarietà da parte del Nord in cambio di riforme strutturali e di rispetto delle regole da parte del Sud. Depurata dalla retorica elettorale, la visione di Christian Lindner, il leader dei Liberali, non è poi così distante da quella di Macron. Sono convinto che Germania e Francia siano pronte ad accordi pragmatici, per esempio sull’Unione bancaria. Il futuro sarà comunque basato su un’Unione a due velocità: purtroppo, potrei aggiungere. Ma è l’unico assetto possibile. E l’Italia deve farne parte. Parlando di Italia, mi preoccupa la mancanza di una politica europea in materia di immigrazione. Ho sempre difeso e continuo a difendere lo sforzo straordinario fatto dal vostro Paese. Il sistema di Dublino è ormai morto nei fatti: ne va preso atto sul piano europeo». 

«Trump, che lo vogliamo o no, ha aperto un nuovo capitolo della storia atlantica. È abbastanza triste che ci sia voluto Trump per spingerci a fare quello che avremmo dovuto fare comunque. L’elettorato americano non è più disposto a sostenere i costi della difesa europea. Dobbiamo cavarcela almeno in parte da soli. In un discorso che trovo molto giusto, Macron ha definito le condizioni perché l’Europa riesca a competere nel mondo globale. Gli equilibri stanno cambiando molto rapidamente. La Russia è in realtà una specie di grande distrazione; è troppo debole, economicamente, per essere la vera sfida del futuro. La sfida del 21° secolo sarà la Cina, con la sua proiezione euro-asiatica». 

«Per l’Europa è il momento della scelta vera: la scelta di esistere. Oggi o mai più». 

JENS WOELK, professore di diritto pubblico comparato all’Università di Trento,

La dichiarazione di indipendenza della Catalogna «non avrebbe alcuna rilevanza. Uno Stato è tale solo quando viene riconosciuto dagli altri, non dopo una dichiarazione unilaterale come quella promossa dal referendum».
L’unico esempio simile che si può fare su scala europea è quello del Kosovo, Stato «parzialmente riconosciuto» dopo l’autoproclamazione di indipendenza dalla Serbia nel 2008.

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