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domenica 10 settembre 2017

Antonio Di Pietro. Che senso ha la sua tardiva (troppo tardiva) confessione su come e sul perché cercava consenso ?

Durante la trasmissione di La7 L’aria che tira, l’ex magistrato e leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha parlato di come alcuni politici e partiti, egli in prima persona, abbiano ottenuto e alimentato il proprio consenso politico sul giustizialismo e «sulla paura».

Cominciamo innanzitutto prendendo atto di una verità sacrosanta, di cui io sono diciamo così testimone, anzi parte interessata: (…) il consenso sulla paura. (…) Ho fatto una politica sulla paura e ne ho pagato le conseguenze. (…) La paura delle manette, la paura del, diciamo così, “sono tutti criminali”, la paura che chi non la pensa come me sia un delinquente. 
Poi alla fine, oggi come oggi, avviandomi verso la terza età, bisogna rispettare anche le idee degli altri. (…) Ho fatto l’inchiesta Mani Pulite, e con l’inchiesta Mani Pulite si è distrutto tutto ciò che era la cosiddetta Prima Repubblica: il male, e ce n’era tanto con la corruzione, ma anche le idee, perché sono nati i cosiddetti partiti personali.

Così riflette su queste dichiarazioni di un ex magistrato, l'on.le Riccardo Nencini, segretario nazionale psi: 

Di Pietro: 'abbiamo costruito il consenso sulla paura delle manette'.
Cosa significa: 
--che le procedure d'indagine sono state piegate per alimentare la paura?
--Che la bussola è' stata la ricerca del consenso anziché la sete di giustizia? C'è di più: 
--perché un magistrato parla di consenso? 
--Che rapporto intercorre tra consenso ed esercizio di una funzione terza quale deve essere la giustizia? 
Nessuno, si legge sui testi di Diritto. E invece...

La paura è un sentimento terribile: ti priva della libertà e ti confina in una stanza senza finestre. 
La paura è lo strumento cui ricorrono i regimi totalitari per stroncare gli avversari. Annichilirli, tagliare la lingua, abbrasare il pensiero.
Ci basta sorprenderci delle dichiarazioni tardive di Di Pietro o non dovremmo indignarci, chiederne ragione? 
Lo ripeto: non si tratta di passare un colpo di spugna sulle malefatte accertate. 
Si tratta di fare luce su metodi, sistemi, obiettivi che finalmente uno dei protagonisti ci fa intuire. 
Chi se non il Parlamento dovrebbe farlo?

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