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giovedì 24 agosto 2017

Flash sulla nostra Storia

Riflettiamo sulla vita nei paesi 
feudali della Sicilia settecentesca
(quindi su Contessa)
Abbiamo già evidenziato che i baroni non sii interessavano per nulla dei loro feudi, fossero vasti come quelli della baronia di Contessa, o meno estesi che fossero. Essi vivevano prevalentemente a Palermo, o come nel caso dei Colonna a Roma, e mai -nel caso specifico di Contessa- misero piede sui loro domini.
Riscuotevano tuttavia le rendite ed i proventi che il sistema feudale riconosceva a loro e conducevano una vita di sfarzo e lusso.

Gli arrendatari di baronie

Dopo aver dedicato una puntata dei nostri "flash" ai campieri dei feudi (e delle trazzere regie), affrontiamo adesso la gestione delle baronie, nello specifico con occhio a quella di Contessa. 

Gli arrendatari, denominazione di origine catalana, erano ceti sociali privilegiati del mondo feudale; erano -con espressione italiana- dei locatari, ossia dei personaggi che prendevano in locazione per lunghi lassi di anni o una intera baronia (incluse persone residenti, istituzioni pubblicistiche locali, feudi e ...) o frazioni di essa (p.e. la gestione della sola istituzione: Università. Oppure alcuni feudi. Oppure alcuni feudi e l'Università).

E' ovvio che non chiunque, e sicuramente nessuno degli arbëreshe di Contessa, poteva esercitare la funzione di arrendatario. Si trattava, di figure tipiche del feudalesimo, privilegiate che volendo noi essere buonisti potremmo con terminologia odierna definire "imprenditori". Essi pigliavano in appalto dai Gioeni e poi dai Colonna, la gestione totale o parziale dei loro domini, sia per la conduzione che oggi  definiremmo di "diritto pubblico" che per quella prettamente produttiva di "diritto privato".

Con le figure operative degli arrendatari le famiglie nobiliari dei Gioeni e dei Colonna poterono condurre in città la vita che il poeta G.ppe Parini descrive ne "il giovin Signore".

Gli arrendatari oltre ai proventi derivanti dalla conduzione delle baronie (o di loro frazioni) guadagnavano pure (o forse soprattutto) dall'usura, nella cui rete spesso (e volentieri) cadevano pure i baroni, sempre bisognosi di risorse per mantenere i loro lussuosi palazzi a Palermo e altrove.

Il lettore penserà, a questo punto, che gli arrendatari si occupassero del governo dell'Università di Contessa e degli oltre cinquanta (in realtà molti di più) feudi del territorio. 
Nemmeno per sogno !!! 
Le terre ( e pure l'Università = l'Istituzione pubblica) venivano sub-concesse in gabella. L'arrendatario, o i suoi subordinati, si limitava puramente e semplicemente di riscuotere il canone, che se -come era d'uso- in natura gli doveva essere consegnato nei magazzini baronali che, secondo nostre ricerche, stavano non lontano da dove sorge la Chiesa dell'Annunziata.
Con i Gioeni ed i Colonna vi furono comunque brevi periodi di conduzione a prescindere dagli arrendatari. Non però perchè essi vollero gestire direttamente la baronia. 
Neanche per sogno !!!
Il loro tenore di vita, ai danni degli arbëreshe, era tale che la gestione, quella dei Colonna, andò in dissesto e fu assunta -per riportarla in equilibrio- da una sorta di organismo fallimentare del Regno che però, per norma, doveva attenzionare prioritariamente gli interessi aristocratici. 
L'equilibrio non fu mai raggiunto fino ad arrivare all'abolizione definitiva del feudalesimo ai primi dell'Ottocento, e l'intero lungo periodo di conduzione "commissariata" avvenne sostanzialmente con ricorso agli "arrendatari". 

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