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sabato 8 luglio 2017

Pavel A. Florenskij. Una figura del Cristianesimo del Novecento

Pavel A. Florenskij è una delle figure più significative e sorprendenti del pensiero religioso russo, oggi riscoperto in gran parte d’Europa (dopo oltre  cinquant'anni di oblio) come uno dei maggiori pensatori del Novecento. Florenskij è anzitutto un filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere  elettrotecnico, epistemologo, ma anche filosofo della religione e teologo, teorico dell’arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, di simbologia  e di semiotica. 
(Natalino Valentini)

La Filosofia del culto
Per il sacerdote, filosofo, fisico, teologo Pavel Florenskij la cultura "è la lotta consapevole contro l'appiattimento generale", ossia quel processo e quella resistenza intesa a non farsi risucchiare dal livellamento generalizzato. E' quindi, per lo scienziato russo nato il 9 gennaio 1882 in Azerbajdzan e fatto fucilare dal regime comunista di Stalin l'8 dicembre 1937, quell'accrescersi di potenziale in ogni campo che inevitabilmente diventa uno stile di vita nell'intento di evitare l'omologazione; omologazione collettiva che ai suoi occhi corrispondeva alla morte. 

L'opera "La Filosofia del Culto" punta dritto, nelle intenzioni dell'autore, a voler dimostrare che "la cultura, come risulta chiaro anche dall'etimologia, è un derivato del culto, ossia un ordinamento del mondo secondo le categorie del culto. La fede determina il culto e il culto determina la concezione del mondo, da cui -appunto- deriva la cultura".

Di tanto in tanto ci addentreremo -sul Blog- nel voluminoso testo "La Filosofia del culto", frutto dell'elaborazione curata dall'autore del materiale usato dallo stesso in un ciclo di lezioni tenute a Mosca nell'estate del 1918, a Rivoluzione bolscevica già avviata.
Un punto fermo da tenere presente -lo evidenzia Natalino Valentini, curatore dell'edizione italiana del testo-  è che "ogni cultura è un sistema finalizzato e saldo di mezzi atti alla realizzazione e al disvelamento di un valore, adottato come fondamentale e assoluto, e dunque fatto assurgere a oggetto di fede. I primi riflessi di questa fede  nelle funzioni imprescindibili dell'uomo determinano i punti di vista  su settori inerenti a dette funzioni, ossia sulla realtà oggettiva nella sua interazione con l'uomo. Tali punti di vista sono, sì, categorie, ma non categorie astratte, bensì concrete (...); la loro manifestazione nella pratica è il culto".

Florenskij col suo libro si propone di sottolineare quale sia la scaturigine, la fonte della cultura. Instaura pertant, per questo fine, il legame evidente fra il mistero della Liturgia (nel caso specifico quella bizantina) e il razionalismo e la sapienza della filosofia fino ad additare il confine fra ciò che è visibile e ciò che è invisibile, fra ciò che immanente e ciò che è trascendente, tra esperienza dell'uomo e misticismo.
Restando ancorato all'esperienza umana Florenskij indica nell'esperienza simbolica (che dettagliatamente decifra) la materializzazione del culto. Viene ovviamente colto il significato del culto e viene riletta -a beneficio del lettore- la Tradizione dei Padri della Chiesa, senza che il testo si trasformi in contenuto apologetico.

L'opera che è filosofica, scientifica, trova ovviamente ritrosia negli ambienti accademici occidentali dove Kant ha posto più paletti. Ma su come Florenskij si propone di rimuoverli ne tratteremo in seguito.  

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