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mercoledì 21 dicembre 2016

Hanno detto ... ...


STEVEN FORTI,  Professore di Storia Contemporanea presso l’Universitat Autònoma de Barcelona e ricercatore presso l’Instituto de Historia Contemporanea dell’Universidade Nova de Lisboa

Caro ministro Poletti,


sono davvero indignato per le Sue parole riguardo alle migliaia di giovani italiani che vivono all’estero: “conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi"
Non so che persone conosca sinceramente, mi piacerebbe me lo spiegasse guardandomi negli occhi. 



Un ministro non può, né deve permettersi di rivolgersi con tale arroganza e cafonaggine a chi ha abbandonato, per volontà propria o per necessità, il proprio paese perché questo non ha saputo dargli la possibilità per realizzarsi o, ancora più semplicemente, per vivere dignitosamente. Ancora più visto il ruolo che Lei ricopre e viste le Sue responsabilità rispetto all’attuale situazione del mondo del lavoro in Italia: oltre a dimostrare un minimo di rispetto, dovrebbe preoccuparsi di questa continua emorragia di giovani in un’Italia sempre più vecchia e, ormai da anni, stagnante economicamente e culturalmente. Sono centinaia di migliaia i giovani che hanno lasciato il nostro paese per cercare un lavoro e un futuro altrove.



Di errori ne sono stati commessi molti, moltissimi nell’ultimo quindicennio. Dai governi Berlusconi, e ancora prima a dire il vero, fino al governo Monti e alla grande coalizione di Letta. Ma di danni, al di là della propaganda che ci martella quotidianamente spiegandoci che viviamo nel Paese di Bengodi, ne sono stati fatti ancora più dalle riforme, o meglio sarebbe chiamarle contro-riforme, quali il Jobs Act promosse dal governo Renzi, di cui Lei fa parte. Riforme che hanno dato il colpo di grazia alle poche speranze che ancora esistevano tra le nuove generazioni. L’obbrobio dei voucher, tra i tanti obbrobri che sono stati approvati e difesi a spada tratta dal governo Renzi, stanno facendo rivoltare nella tomba un suo conterraneo, quel Nullo Baldini che fu tra i fondatori oltre un secolo fa della Lega delle Cooperative, associazione di cui Lei è stato presidente per molti anni. 
Si legga, per cortesia, la vita di Baldini, le sue lotte quotidiane, la sua attività costante per un mondo migliore per chi aveva poco o non aveva nulla. È vergognoso che una controriforma del Lavoro come questa sia stata promossa da un dirigente proveniente dal cooperativismo. 
..
Non sono solito parlare di me e della mia vita, ma in questo caso risulta necessario per dare un significato alle mie parole. Dopo essermi formato in Italia, tra studi superiori e universitari, ho scelto di andarmene all’estero, vista l’impossibilità di continuare nel campo della ricerca nel mio paese. Da oltre dieci anni vivo tra la Spagna e il Portogallo, dove insegno all’università e faccio ricerca nel campo della storia contemporanea, oltre ad occuparmi di analisi politica per diversi mezzi di informazione e ad organizzare attività culturali, principalmente legate alla canzone d’autore. Vivo a cavallo tra due paesi che sono stati colpiti duramente dalla crisi economica, forse più dell’Italia, ma ciononostante mi hanno concesso la possibilità, pur tra molte difficoltà, di proseguire il mio cammino. Cosa che l’Italia non ha fatto, soprattutto per la pessima situazione dell’università e della ricerca, esistente già prima dell’inizio della crisi del 2008, ma peggiorata notevolmente in questi ultimi anni. Sono moltissimi, e lo dico perché molti li conosco personalmente, i giovani che, come me, lavorano, fanno ricerca o cercano, e a volte ottengono, borse di studio nelle università spagnole, portoghesi, francesi, inglesi o tedesche.

Leggere le Sue parole mi indigna profondamente. E, come me, indigna tanti, tanti altri che si trovano nella mia stessa condizione, lavorino essi in università, in un’impresa, un supermercato, un call center o un bar. A Barcellona, a Lisbona, a Berlino, a Londra, a Buenos Aires o a New York. Se vuole, glieli posso presentare, le loro storie hanno molto da insegnarLe. E hanno molto da insegnare a tutti noi per comprendere dove siamo arrivati. E magari per riflettere perché siamo arrivati a questo punto.

FONDAZIONE PIETRO NENNI,
Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, sulle emergenze sociali del nostro Paese ha idee piuttosto singolari. La settimana scorsa ha spiazzato tutti (anche chi in camera caritatis è perfettamente d’accordo con lui: alcune cose si fanno ma non si dicono) spiegando che bisognava affrettare la “discesa” verso le elezioni anticipate per evitare il referendum sul Jobs Act, più che una spina nel fianco, una vera e propria pertica infilata nel costato del precedente governo e del suo attuale clone. Poi, dopo essere stato sommerso di improperi, ha spiegato che in realtà voleva fare riferimento solo alla legge che regola l’istituto referendario e che prevede appunto lo slittamento in caso di consultazioni politiche generali. 
Adesso ci fornisce la sua originale interpretazione della cosiddetta fuga dei cervelli. Dice: “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”. Valutazioni che ricordano le uscite della professoressa Fornero a proposito dei giovani schizzinosi o di quell’altro ormai dimenticato sottosegretario che parlava di “sfigati” a proposito dei laureati in tarda età. 
Poletti, esperto gaffeur, poi ha corretto il tono. 
Ma se di alcuni giovani che sono andati via probabilmente non sentiremo la mancanza, sicuramente non avremmo avvertito l’assenza dal governo di tanto improvvisato ministro-sociologo.

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