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giovedì 4 febbraio 2016

L'amicizia. Nel terzo millennio -dicono gli psicologi- la si confonde con il "like" su fb.

Per quale motivo muore una storia d’amicizia ? 

Secondo il rapporto «The Way We are now» (come siamo adesso), nel 2014 circa 4,7 milioni di individui in Gran Bretagna hanno ammesso di non avere un vero amico. 
Nel 2005, una persona su quattro — fra le 1500 intervistate in Italia — non era riuscita a trovare il nome di un confidente da citare all’intervistatore. 

L’istantanea globale è quella che nel terzo millennio per "amicizia" si intende l'instancabile collezione di like e followers.
Oggi come oggi la gente, giovani compresi, è divenuta pigra nel coltivare amicizie in carne e ossa.
Sembra che le amicizie, anche quelle più durature, non superino lo scoglio della comunicazione non verbale ed infatti si è amici quasi quasi solamente su facebok, al punto che le sfumature si perdono nella sintesi di una email o di un post su Facebook. 
Lo psicologo Frederic Luskin, segue da anni all’Università di Stanford il «progetto perdono»,  tra i capisaldi per salvare una amicizia non sa fare altro che attingere nel Vangelo ed aggiungere: il perdono abbassa la pressione sanguigna, riduce la depressione e ha un effetto positivo sul sistema nervoso
Ma i rapporti, mai recuperati, tra ex amici  dimostrano che tornare indietro non è sempre facile: nessuno è disposto ad inghiottire veleno.
Gli psicologi sostengono che è molto meglio salvare per i capelli l’amicizia che sta morendo, quando ancora non è morta. 
Bisogna intervenire prima che il conflitto diventi crisi, scrive Elizabeth Bernstein,  bisogna fare un respiro profondo e qualora si è arrabbiati è bene pigliarsi  il tempo per calmarsi, pensando se conviene veramente porre fine alla amicizia.
Se la risposta è sì, prima di tagliare, è comunque bene creare delle fasi interlocutorie. L'ultimatum di per sè sta a significare che si è pronti a perdere per davvero chi si riteneva fosse amico.

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