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mercoledì 20 gennaio 2016

Uomini, fatti, eventi. Come li ricordiamo oggi

20 Febbraio

Nasce a Rimini l 20 febbrai 1920 Federico Fellini, considerato universalmente come uno dei maggiori protagonisti della storia del cinema mondiale. Già vincitore di quattro Premi Oscar per il miglior film straniero, per la sua attività da cineasta gli è stato conferito nel 1993 l’Oscar alla carriera diventando così il regista con il maggior numero di Oscar vinti in assoluto.

Definiva se stesso “un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo“.

Fellini già in tenera età mostra di preferire ai giochi di movimento quelli di fantasia, trascorrendo lunghe ore in solitudine a inventare storie e personaggi per il teatrino dei burattini. Conseguita la maturità classica, nel 1938, spicca il volo oltre le mura troppo ristrette del “Borgo” e cerca di farsi strada come disegnatore, ottenendo i primi ingaggi, prima a Firenze e poi a Roma. 
Qui conosce Steno (Stefano Vanzina) che favorisce il suo esordio nel cinema come gag-man. Dal 1941, inizia un’intensissima attività di soggettista e sceneggiatore, finche’ non realizza, nel 1950 con sua moglie Giulietta Masina, Alberto Lattuada e Carla del Poggio, il suo film d’esordio: Luci del varietà. Segue Lo Sceicco Bianco (1952) e quindi l’affermazione de I Vitelloni(1953) in cui esprime la sua straordinaria capacità di creare tipi e coniare titoli destinati a entrare, anche all’estero, nell’uso corrente.
Realizza con La Strada (1954), Il Bidone (1955), Le Notti di Cabiria (1957) una trilogia ispirata a una sorta di realismo definito “creaturale”, o piuttosto a un espressionismo poetico di cui La Dolce Vita (1959), esuberante affresco di una Roma dolce e decadente colta nel momento del primo boom economico, rappresenta allo stesso tempo il più maturo punto di arrivo e l’aperta rottura.
Nel 1963 il regista realizza Otto e Mezzo, considerato fra le opere più alte della storia del cinema per la novità del linguaggio, la struttura narrativa priva di una trama tradizionale, e l’irrompere dell’incoscio nell’esposizione della crisi creativa del protagonista, un regista dai connotati scopertamente privati. Nel successivo Giulietta degli Spiriti (1965) animato da una rutilante visionarietà, Fellini trasferisce in un personaggio femminile il ricamo delle proprie ossessioni con aperti riferimenti alla psicanalisi junghiana.
Nel 1968 dirige Toby Dammit, episodio di Tre passi nel delirio e sua unica escursione nel genere horror. Ma il grande affresco di questo periodo rimane l’inarrivabile trasposizione fantastica del romanzo latino di Petronio Arbitro, Fellini Satyricon (1969).
Nel 1970 realizza I Clowns (1970) struggente dichiarazione d’amore per il circo. Negli anni Settanta il cineasta torna ancora con Roma (1972) e Amarcord (1973) ai due poli della sua ispirazione: l’amata capitale del suo cinema e la Romagna dei suoi sogni e condizionamenti infantili e adolescenziali.

Ormai leggenda vivente, decide di realizzare un film su un personaggio che dichiara di non amare. Il risultato è Il Casanova di Federico Fellini (1976), film soggettivo e personale, intriso di simboli dall’ambigua pluralità semantica e di voluta e intenzionale freddezza nel tratteggio del personaggio.
Nel 1978 realizza Prova d’orchestra, film per la televisione, un’allegoria del marasma politico-sociale dell’Italia contemporanea. La confusione e il suo assordante rumore sono al centro anche di La città delle donne (1979), in cui il regista confessa tutto il suo terrore per gli eccessi del movimento femminista, ma cerca anche di fare il punto sui suoi problemi irrisolti nei confronti della figura femminile
Il suo onirismo profetico partorisce nel 1983 E la Nave Va, un’opera inquietante dalla preziosa veste formale; e nel 1985 Ginger e Fred, il più spericolato, tenero e coinvolgente rifiuto alla dittatura della televisione che omologa in un unico impasto nocivo, gusto e coscienze.
In contrasto, una plateale dichiarazione d’amore al cinema, risulta nel 1987 Intervista, film relativamente a basso costo che gli consente un alato racconto rapsodico, dal respiro leggero e malinconico, sospeso fra sogno, ricordo e magia.
Tre anni dopo, nel 1990 appare sugli schermi La Voce della Luna, l’ultima opera, a cui il regista affida quello che possiamo considerare a posteriori il suo testamento spirituale, una profonda e complessa riflessione sulla vecchiaia e la morte, la cacofonia dei tempi, il mistero della vita e l’infinito amore per sue creature guardate attraverso il prisma deformante della follia.
Federico Fellini è morto a Roma, in seguito a un ictus cerebrale, il 31 ottobre 1993.

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