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mercoledì 30 settembre 2015

Pagare i tributi. In Italia anche questo aspetto della vita sociale è stato reso complicato

Calcolare le imposte da pagare in Italia non è mai stato semplice.
Istruzioni preliminari
Il pagamento si può fare esclusivamente utilizzando il modello F24, scegliendo tra le migliaia di codici tributo e compilando ulteriori campi vincolati. 
Senza l’utilizzo di un software è quasi impossibile la compilazione del modello di pagamento. 
Si deve poi individuare il giusto canale per inviare il pagamento alla banca.  
Dal 1 ottobre 2014, per esigenze di riduzione dei costi di riscossione e per contrastare compensazioni con crediti inesistenti si è disciplinato il sistema dei pagamenti, “semplificandolo” nel seguente modo:
1) Dobbiamo presentare un modello in compensazione a saldo zero?
Obbligo di utilizzo dei soli canali   telematici dell’agenzia delle entrate, non si può presentare il modello in banca, nemmeno utilizzando il   sistema online internet banking.
2) Dobbiamo presentare un modello in compensazione ma le imposte da versare sono superiori al credito  che si utilizza in compensazione, anche solo di 1 euro?
Obbligo di utilizzo dei canali telematici dell’agenzia delle entrate o del sistema online internet banking.
3) Dobbiamo presentare un modello F24 senza utilizzo di crediti in compensazione e abbiamo la partita Iva?  
Obbligo di utilizzo dei canali telematici dell’agenzia delle entrate o del sistema online internet banking.
4) Dobbiamo presentare un modello F24 senza utilizzo di crediti in compensazione, di importo superiore a 1.000 euro e non abbiamo la partita Iva?
Obbligo di utilizzo dei canali telematici dell’agenzia delle entrate   o del sistema online internet banking.
5) Dobbiamo presentare un modello F24 senza utilizzo di crediti in compensazione, di importo non superiore a 1.000 euro e non abbiamo la partita Iva?
Scelta tra utilizzo dei canali telematici dell’agenzia delle entrate, del sistema online internet banking, e possibile presentazione allo sportello bancario.  In sostanza per evitare di confondersi sarebbe bene pagare utilizzando sempre i canali telematici dell’agenzia delle entrate, altrimenti si rischia di pagare la sanzione generica di 258 euro.
E' prossima l'entrata in vigore di un sistema analogo pure per i tributi dovuti ai Comuni.

Giordano Bruno. Gli eroi del pensiero

Leggi anche Giordano Bruno
Per capire meglio l’opera. 
Saggio del librettista Stefano Busellato. Dal libretto d’opera di “Giordano Bruno” prima nazionale al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia 26.9.15

“”Cosa succede il 17 febbraio 1600? 
Cosa rappresenta un uomo che arde vivo al crepuscolo di quel mattino? 
Chi era Giordano Bruno e che ci importa di lui? 
Eroe del pensiero; eroe che diede la vita per le proprie convinzioni, si dice; eroe che sfidò i tempi e l’istituzione più potente, e pagò sapendo di dovere, sapendo che la scelta di soccombere sarebbe stata vittoriosa per le generazioni future. Si dice. Ma è vero?
Quando parliamo di eroi e di eroismi, o di geni, o di santi, di eccezioni irripetibili ammiriamo, certo, ma allontaniamo anche. Creiamo uno spazio dove mettere l’inarrivabile e con ciò scusiamo noi stessi, evitando il confronto proteggiamo la nostra mediocrità, le nostre paure, le nostre meschinità per convivere con esse nella più serena coscienza. 
Gordano Bruno fu un uomo. Questo dovrebbe inquietarci, ed è ciò che  dovremmo ammirare, perchè fece quel che anche noi potremmo, ma non facciamo. Non importa della Chiesa, ormai ridotta a  relitto di quanto fu, sostanzialmente innocua, oggi caricaturale, importa del rapporto tra un uomo e un sistema che si pone come unico, indiscutibile, che concede l’inclusione o decide l’esclusione. 
Giordano Bruno fu lontano dall’essere la statuaria figura che  oggi troneggia, bronzea e acciliata, in Campo de’ Fiori. Aveva “nome certo più lungo che il corpo” e volle tutto fuorchè immolarsi. Solo i fanatici cercano la morte per dire vere le proprie convinzioniBruno invece tentò in ogni modo di evitare quella sentenza capitale che al tempo, a dire il vero, era più difficile fosse pronunciata di quanto oggi crediamo. 
Con abilità pari ad  imperizia, con tanta astuzia quanta ingenuità egli cercò di avere salva la vita. Fu disposto ad abiurare, e lo fece (Scene V e VII), tentando di ammettere la colpa all’interno di una strategia che al contempo gli permettesse di ribadire alcuni fondamenti della propria visione, e a Venezia vi riuscì. Si illuse di poterlo fare anche a Roma, ma una non perfetta lettura della nuova situazione politica, una sottovalutazione delle forze avverse e  un’enorme dose  di sfortunate contingenze lo gettarono su una via senza ritorno. Quando Bruno si accorse che era persa  la lotta portata avanti per quasi otto anni di carcere, non ebbe più scelta; smise con le prudenze, con gli accomodamenti, con le dissimulazioni. Eruppe, senza più esitazioni, ciò che nel proprio intimo una persona sente essere verità e ingiustizia: “Maiori forzan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam”. Ecce Homo

La storia di Bruno è la storia di una sconfitta, così come oggi il suo pensiero resta delegato ad affluente minore della filosofia Occidentale che invece prese altro corso, un affluente però tra  i più ricchi e lucenti, che sgorga con Eraclito, passa  per Spinoza, Schopenhauer, e giunge almeno fino a Nietzsche. Ma ciò è materia di storia della filosofia.

Fuori da questa, il grandioso tentativo di Bruno fu quello, in termini foucaultiani, di voler mutare l’ordine del discorso. “Ordine” è la prima parola che l’inquisitore 1 pronuncia, quel potere che decide cosa sia la libertà, quali siano i suoi angusti confini, non solo di azione, ma di pensiero, valori e persino di sensazioni e di emozioni  (Il Carnevale della II scena).

Extra Ecclesiam nulla salus. Ma Ecclesia non istituzione, che è storia e passa, bensì relazione tra singolo e società, tra accettazione e marginalità, è forma mentis, che è essenza e permane, e si perpetua quotidianamente. Nel contorcersi di Bruno torturato (Scena VII) si deve ascoltare il tendersi delle corde che straziano coloro che faticano a conformarsi a ciò che è, a ciò che è detto non potere essere altrimenti. E’ la violenza censoria perpetrata, nello squilibrio assoluto di forza, dall’ordine sull’eccezione, e le eccezioni sono molte, sono tra noi.

E noi stessi siamo troppo spesso strumenti attraverso cui l’Ordine, oggi anonimo, si esercita e si nutre. 
Di qui la figura del Papa, che ha spazio musicale ridottissimo ma occupa enormemente quello drammaturgico e psicologico, non con l’agire ma con l’incombere. Di qui l’importanza del personaggio collettivo del coro e della sua contrapposizione sachiacciante e insistita con l’individualità di Bruno, con la sua solitudine.

Bruno è una delle più fulgenti incarnazioni del sapere aude!, appello a quell’illuminismo sovrastorico, che ancora manca d’accoglimento, e che secondo la definizione kantiana è“uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di esso non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro”.

Noi siamo limiti a noi stessi. E nulla ebbe in odio l’uomo Bruno come il limite, l’accettazione passiva di una restrizione che esige acriticità. Ciò anzitutto per ragioni caratteriali, ed è il motivo che lo portò a scontrarsi in ogni dove andasse, a essere bandito da qualunque confessioni incontrasse.

Ma soprattutto per ragioni filosofiche. In un secolo di chiusure e particolarismi, il pensiero bruniano si aprì all’illimitato, all’infinito, declinandolo in ogni modo concepibile. Infinito l’universo, infiniti i mondi, infinita la materia, la vita, le forme di vita, i possibili modi di vivere.  Infinitamente liberi dall’impoverimento programmatico delle prescrizioni e da regolarsi in base all’umanissimo principio del “Non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.

Massimamente inclusiva è la visione bruniana  dove tutto è anassagoricamente in tutto, dove la verità è mosaico al quale ciascuno porta una tessera, alla cui interminabile composizione contribuiscono egizi, greci, ellenisti, ebrei, cristiani, padri, eretici e atei, e la divinità è incommensurabile, è vertigine, è sproporzione, è ovunque, è esaltazione panteista. Quanto stride allora la chiusura in carcere con un’apertura tanto radiale (Scena X, il sorgere del sole); quanto stride una concezione dell’esistente così incessantemente variopinto, irrefrenabile, mutevole, molteplice e inesauribile con il monoteismo ritualizzato e processuale dell’Ordine dominante (Scena IX, Condanna); quanto stride la filosofia di Bruno con le vicende cui essa lo condusse (l’alternanza di scene pari e dispari).
E  quanto parla diversamente la lingua di Bruno rispetto al linguaggio dell’ordinario che era allora ed è ancora. 
La scrittura delle sue pagine, la poesia, la visione panoramica, il soffio corroborante ed emancipatorio che attraverso esse ci parla ancora il pensiero e l’uomo; quella lingua inchiodata ad  una tavoletta di legno mentre condotto all’esecuzione, perchè ormai troppo libera e incomodante (Scena XI, Rogo). “Per le nostre  opinioni non ci faremo bruciare: non siamo così sicuri di esse. Ma lo faremmo forse per poter avere e poter cambiare le nostre opinioni” scrisse qualche tempo dopo un altro frei Geist. Le prestazioni eccezionali di un individuo muoiono se non raccolte quale esempio, se non percepite quali possibilità sempre insite nell’essere umano. Ci si riavvicini allora a Bruno.

Ragionare, Capire e Decidere ............... di Ipazia 30.09.2015

In questo spazio del Blog stiamo tentando di raccontare la storia della Filosofia, quel gioco di argomentazioni contrapposte, quel progressivo accumularsi  delle conoscenze o -se si vuole- quel conflitto fra ragioni alternative intese a dare risposte razionali alle domande fondamentali su:
-che cosa è il mondo ?
-come possiamo conoscerlo ?
-esiste la divinità ?  
-quale è il senso dell'esistenza umana ?
-quali sono le norme e i valori morali che garantiscono il buon ordine della vita associata ?

Gli strumenti offerti dalla riflessione filosofica ci aiutano -quindi- a comprendere il mondo in cui viviamo, il senso della nostra esistenza, della giustizia, della felicità, del rapporto con gli altri, delle vicende politiche sociali morali che ci coinvolgono. 
Questi strumenti stimolano in ciascuno di noi "il senso critico" con cui rileggere ciò che il mondo in cui abitiamo (il nostro ambiente), la tradizione, i mezzi di comunicazione, le autorità di governo ci propinano.

"Il senso critico" protegge dalle tante sciocchezze che circolano in giro la nostra autonomia di giudizio dalle pressioni delle credenze diffuse, dai pregiudizi sciali, dalle accettazioni passive e conformistiche.
La Filosofia è quindi intesa come bussola per la ricerca della "verità", del "senso", della "conoscenza" e per crearsi un profilo di "personalità" libera e consapevole.
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La Filosofia 5
riepilogo
Abbiamo assodato finora che gli inizi della filosofia datano fra il VII e l'inizio del VI secolo a.C. nell'Asia Minore, nella città greca di Mileto con la figura di Talete e successivamente con quella di Anassimandro.
Perchè in Grecia e non in Egitto, o in Persia  a Babilonia ?
Quasi all'unanimità, la risposta è che in Grecia non esisteva un stato unitario autoritario regio o imperiale ma vigeva l'autonomia di ogni città (polis) e da qui lo spirito genericamente democratico dei greci, nel cui ambito è stato pertanto possibile la nascita della filosofia e dello spirito critico. A ciò va aggiunto la conoscenza, da parte dei greci, delle culture limitrofe egizie e babilonesi.

Sia Talete che Anassimandro si sono posti l'biettivo di capire quale sia l'elemento, "il principio" da cui proviene ogni cosa esistente, da qui il loro interesse sulla natura.
Il primo sostenne fosse l'acqua, l'altro invece "l'illimitato" o "l'indeterminato". Anassimandro forse ha voluto dire che le cose che stanno attorno -a noi uomini- nascono da una sorta di magma originario, illimitato, e in esso sono destinate a tornare, per poi verosimilmente rigenerarsi.
Nel momento in cui nascono e si impongono le nuove "cose" commettono una "ingiustizia" a danno dell'esistente, delle altre cose preesistenti. Da qui l'onere di dover subire una "pena", il loro essere annullati nel tempo, o per meglio dire il loro ritornare nell'illimitato originario.

martedì 29 settembre 2015

Ragionare, Capire e Decidere ............... di Ipazia 29.09.2015

La Filosofia 4
Quando Talete dice che il principio di tutte le cose è l'acqua intende dire che c'è una physis, un essere - un esistente, da cui le cose provengono e in cui ritornano, una physis che è matrice di tutte le cose.
I suoi allievi dopo di lui si resero conto che quel "principio" non può essere una cosa, non può essere l'acqua.

ANASSIMANDRO
Il principio di tutte le cose è l'àpeiron (l'indeterminato, l'indefinito) sostiene Anassimandro. 
Ciò che governa ed avvolge tutto, il divino, è qualcosa che non si genera, che non si corrompe e -quindi- non può essere come Talete aveva pensato una "cosa" particolare, bensì qualcosa che è "comune" ma che non è  "materiale", tangibile, a portata di mano.
Apeiron è ciò che sfugge al numero, alla misura, al limite.

Essere e Divenire
sono temi oggi attuali nel pensiero dell'Occidente e sono già presenti nel discorso filosofico di Anassimandro, l'allievo di Talete, anche se verranno meglio inquadrati successivamente da Parmenide.

Gli uomini del terzo millennio
come possono pensare l'àpeiron di Anassimandro ?

La "tecnica" oggi è quella forza capace di assolvere al ruolo di arché divino, quel principio che avvolge tutto e tutto governa.
Nel mondo dei nostri giorni, come in quello di Anassimandro, tutti i giochi vengono condotti su una scacchiera la cui regola fondamentale è il divenire delle cose, ossia la loro assoluta precarietà e contingenza.
 Anassimandro, e più di lui poi Parmenide, aveva pensato che l'indeterminato comune di ogni cosa  è il loro stare l'un l'altro  "in opposizione", distinti dall'altro, "giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace...". Gli opposti che stanno insieme nel "Principio", nel mondo ... e che ci fanno emergere che se l'uno c'è, l'altro non c'è.
L'esistente si confronta con ciò che oggi è nulla, ma quel nulla sta nel divenire.

Noi oggi viviamo nella convinzione che l'esistente proviene dal nulla e vada verso il nulla. 
Questo presupposto di vita, di cui pochi di noi hanno cognizione, incide profondamente nella realtà del nostro mondo.

Hanno detto ... ...

Papa FRANCESCO
"Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato". 

BIAGIO MARZO, politico
Si può dire che Marino ha fatto il portoghese?


MAURO DEL BUE, direttore di Avanti!

Ingrao era considerato il più prestigioso leader della sinistra del Pci, mentre Amendola lo era per la destra. Era amato dai giovani del sessantotto che lo esaltarono con quello slogan, non proprio gratificante, e cioè “Ingrao è il nostro Mao”. L’anno dopo, però, fu tra coloro che votarono a favore dell’espulsione dei giornalisti de “Il Manifesto”, tutti ex ingraiani. Amava i movimenti, i sessantottini, quelli per l’autunno caldo del 1969, poi via via, i pacifisti, le donne in nero, le occupazioni della Fiat e chissà ancora cosa. Però li conciliava sempre con una visione leninista del partito a cui tutto deve essere subordinato
Quando, nel 1989, Occhetto pensò fosse giunto il momento di cambiare il nome del Pci e di rinnegare il comunismo che era già stato sepolto nei paesi che l’avevano conosciuto, un fremito gli percorse la schiena. E pensò preoccupato a come avrebbe reagito Pietro Ingrao. Il quale, interpellato come Achille nel chiuso della sua tenda e con la fronte perennemente corrucciata, disse che prima del nome bisognava chiarire la cosa. Da allora tutti chiamarono il partito senza il vecchio né il nuovo nome, proprio “la cosa”. Si trattava, in fondo, di una battaglia vinta da Ingrao. Una delle poche.
Ingrao era un leader carismatico. Non cambiava tanto facilmente idea, tanto che dopo la nascita del Pds non vi aderì e poco dopo fu a fianco di Rifondazione dove portò il suo più intelligente discepolo, Fausto Bertinotti, ex sinistra Psi, ex sinistra Pci, ex sinistra Cgil, uno che si incazzava anche se vedeva un sorpasso a sinistra della suo auto. Ma uomo gentile e rispettoso di tutte le opinioni. Credo che questo fosse anche lo stile di Ingrao. Lo ricorda la Castellina quando rammenta il suo continuo interrogare gli altri per scrutarne il pensiero. Il suo pareva eternamente in stato di produzione di dubbi con quei segni profondi della fronte e quella smorfia permanente.
Questo dell’interrogarsi (al tempo della presidenza della Camera tra il 1976 e il 1979 non disdegnò la riflessione sulla riforma istituzionale che lo stesso Craxi provocò col suo articolo sull’Avanti del dopo elezioni politiche del 1979) é l’aspetto forse più moderno di Ingrao che lo tratteggia come spirito antidogmatico. Più di altri suoi compagni, certo. Comprese, oddio non fu certo il primo, la supremazia della televisione e si ritirò da ogni militanza attiva di partito perché aveva ben chiaro che non era più quella la sede della politica. Cercò anche di comprendere i gusti musicali delle nuove generazioni, sempre con quella fronte corrugata e quello sguardo interrogativo. Che è poi il suo socratico lato da riscoprire e da valorizzare. Non le sue certezze, quasi sempre errate, ma le sue incertezze, la sua innata curiosità, la sua disponibilità al colloquio, lo fanno un uomo da ricordare con simpatia e ammirazione dopo la sua morte, a cent’anni suonati. Un secolo vissuto e segnato anche dalla sua presenza.




lunedì 28 settembre 2015

Hanno detto ... ...

Papa FRANCESCO,
 "Vivere vuol dire sporcare i piedi nella polvere delle strade della vita e della storia"

Don LUIGI CIOTTI, presbitero attivo nel sociale

"Vi auguro di essere eretici,
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.
Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso,  è colui che più della verità ama la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia.
Vi auguro l’eresia dei  fatti  prima che delle parole,  l’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno.
Oggi è eretico  chi mette la propria libertà  al servizio degli altri.
Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è.
Eretico è chi  non si accontenta  dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie.
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.”"

Con le immagini ... ... è più facile


domenica 27 settembre 2015

La riflessione di Gjovalin ... 27.09.2015

Senza la verità, senza la la giustizia e  senza la dignità ogni cosa perde di significato.

Occorre saper affrontare ogni situazione col massimo livello di verità possibile, fuggendo dalle immagini pregiudizievoli che gli errori del passato rievocano anzichè precludere.

La verità, che in religione coincide con Dio e nella storia con la coerenza, in politica si esprime nell'efficacia delle scelte.

E' giusto che le autorità religiose preghino, che i giornalisti facciano cronaca, e che le persone comuni si preoccupino e sperino che le guerre cessino.

Ma è altrettanto coerente, lecito e necessario, che a volte la politica si assuma le sue responsabilità, e si "sporchi" la coscienza e le mani, per evitare che il male resti impunito e che continui a compiere l'inaccettabile.

Astronomia. Alla ricerca della Terra 2.0

PATRIZIA CARAVEO, lavora c/o l’Istituto di Fisica Cosmica del CNR di Milano
In fondo in fondo, noi umani abbiamo sempre pensato di essere al centro dell’universo. Nella visione di Tolomeo, tutto il cosmo ruotava intorno alla Terra con i corpi celesti ordinati in una sequenza di sfere concentriche che ospitavano la Luna, il Sole i pianeti allora conosciuti (solo quelli visibili ad occhio nudo) e, per ultima, la sfera delle stelle fisse. Copernico scardinò il sistema dimostrando che erano la Terra e gli altri pianeti a girare intorno al Sole. Giordano Bruno cercò di assestare un altro colpo all’antropocentrismo sostenendo l’esistenza di innumerevoli altri soli con i loro pianeti, ma le sue erano argomentazioni filosofiche che sono finite, letteralmente, in fumo. Man mano che i telescopi allargavano gli orizzonti delle conoscenze astronomiche abbiamo sempre inciampato nel preconcetto antico di essere al centro dell’universo. Ci sono voluti secoli di risultati, spesso controversi, per convincerci che il Sole è una normalissima stellina in una zona piuttosto periferica della nostra Via Lattea. Al Sole restava solo una peculiarità: i suoi pianeti, così diversi tra loro ma bene ordinati, quelli rocciosi vicino alla stella, quelli gassosi lontano.
Il 6 ottobre 1995 anche l’ultimo brandello di antropocentrismo è stato distrutto dall’annuncio della scoperta di un pianeta in orbita intorno alla stella 51 della costellazione del cavallo alato (Pegaso). Di colpo il sistema solare non era più unico. Inoltre, il nuovo venuto era un pianeta molto massiccio, simile a Giove, ma con un’orbita di appena 4 giorni, quindi vicinissimo alla sua stella e molto caldo. Gli scopritori svizzeri avevano battuto di pochissimo un gruppo americano che dopo qualche giorno ha annunciato la propria scoperta di un altro sistema planetario. I pianeti extrasolari sono entrati prepotentemente nel panorama astronomico, cambiando le priorità della ricerca e mandando in pensione molte idee comunemente accettate circa la formazione di sistemi planetari. In vent’anni le tecniche osservative si sono affinate e il numero di pianeti è cresciuto, prima in modo tranquillo, poi sempre più accelerato, fino a diventare esplosivo. Gli ultimi conteggi ci dicono che siamo prossimi a toccare quota 2000 pianeti in circa 1500 sistemi planetari. Alla luce di questi numeri, è possibile concludere che, per le stelle della nostra galassia, avere pianeti è la regola, non l’eccezione. Col tempo siamo diventati capaci di rivelare pianeti sempre più piccoli, di dimensioni non troppo diverse dalla nostra Terra e, inevitabilmente, è scattata la caccia alla Terra 2.0. Oltre ad avere le dimensioni giuste, in modo da essere presumibilmente roccioso e poter trattenere una ragionevole atmosfera, il pianeta che cerchiamo deve anche trovarsi nella zona di abitabilità della sua stella, non troppo vicino per evitare di andare arrosto, come succede a Venere, e non troppo lontano per evitare di congelare, come succede a Marte. La zona di abitabilità dovrebbe garantire la possibilità di avere acqua liquida in superficie. Per cercare i candidati più promettenti, viene calcolato l’indice di somiglianza alla Terra, un parametro che è 1 per la Terra e 0,7 per Marte. Attualmente ci sono 31 pianeti con il valore dell’indice superiore a quello di Marte. Ovviamente, abitabile non significa abitato. Per poter dire qualcosa di più dovremmo poter studiare la composizione dell’atmosfera e poter dire se è presente l’ossigeno, un gas che è la firma della presenza di organismi viventi. Infatti, si tratta di un elemento molto reattivo che può esistere allo stato libero solo se continuamente prodotto. Con i telescopi attuali non siamo ancora in grado di rispondere a questa domanda. È una delle sfide che aspettano di essere vinte, ma sappiamo che ci riusciremo nel corso dei prossimi vent’anni.”"

Caso Messina. E ... se pure i Vescovi ci deludono, dove andremo ?

E assodato che la classe politica del nostro paese, dell'Italia, è fra le più corrotte del pianeta, forse dell'intera Galassia; i miliardi, i milioni di euro scompaiono come inghiottiti dalla Terra e mai, proprio mai i Tg ci riferiscono che almeno alcune briciole siano state recuperate in casa dall'onorevole di turno coinvolto
- nella ruberia miliardaria del Monte dei Paschi di Siena, 
- nella ruberia EXPO 2015, 
 -nella ruberia del MOSE di Venezia, 
- nella ruberia Mafia Capitale
- nella ruberia ....   ....

Sono solo le ultime ruberie che coinvolgono fino al collo il PD, il partito di Governo.
Chi legge le ruberie dei politici ormai è convinto, anzi più che convinto, che questi siano abilitati a rubare. Non c'è nulla da fare !!!

Ma leggere sui giornali che le ruberia stanno diventando ... di casa pure presso le Curie Vescovili ci lascia al momento un pochettino disorientati.

Stavamo quasi scordandoci di quanto accaduto poco tempo fà nella Curia di Trapani, nella vicenda milionaria che ha condotto alla sospensione di Mons. Miccichè, indagato fra altre accuse anche per appropriazione indebita e truffe milionarie.

Adesso, all'altro estremo dell'isola, l’arcivescovo di Messina, monsignor Calogero La Piana, ha rassegnato le dimissioni nelle mani di Papa Francesco. 
La versione ufficiale del Vaticano fa riferimento a motivi di salute ma sullo sfondo si profila, dicono i giornali, un ammanco di svariati milioni di euro a carico dell’arcidiocesi.
Se la notizia trovasse conferma da fonti ufficiali, si tratterebbe di un devastante tsunami mediatico (e forse giudiziario) in grado di imbarazzare la Santa Sede. 
Si tratterebbe di un insieme di strane relazioni contabili tra banche, società di gestione rifiuti e diocesi. 

Quanto disgusto anche solo nell'immaginare l’ipotesi che le sovvenzioni statali dell'8 per mille e le offerte dei credenti possano essere state smaterializzate dal Pastore di una diocesi. 
Sarebbe opportuno far luce sugli eventi in tempi ristretti, poiché sembra configurarsi l’ennesimo schiaffo alla credibilità dei residui credenti di questo terzo millennio. 
La gente, i cittadini, i cristiani, sono davvero stanchi di assistere a certi siparietti indecorosi, sempre presenti nel palinsesto della vita pubblica. 
In genere è la politica del PD e dei governanti di qualsiasi colore a rivestire il ruolo di protagonista (per malaffare o inettitudine amministrativa) ma adesso anche i Vescovi potrebbero ambire a un ruolo di coprotagonista nello scenario, oramai grottesco, dell'arricchimento illecito.

L'Occidente, il post-moderno della dimenticanza, gli altri --n.10--

In questa rubrica ragioniamo intorno alla logica che governa il nostro mondo, l'Occidente.

29) Le scienze sociali ai nostri giorni sono dominate dalla sociologia di Max Weber. 
L'analisi delle strutture civili entro cui viviamo procede secondo tipi ideali dove sempre ritroviamo opposte 
-le società moderne e razionali 
-le società "carismatiche" o magiche, dove dominano la religione, i legami di famiglia, la figura carismatica di un capo patriarcale.
  
30) Weber ha fatto della Storia dell'Occidente moderno una storia del "disincanto" del mondo, della sua uscita dal mondo magico della religione.
Dalle premesse weberiane e da come l'Occidente è oggi visto dai popoli Orientali e Medio-Orientali si ricava che la nostra "civiltà" tecnologica è retta dalla corrente di pensiero 
-del disincanto
- dello sradicamento
- della perdita delle origini
- della paura del declino e della decadenza.
In poche parole nel cuore dell'Europa è stata "istituzionalizzata la melanconia".

*Karl Emil Maximilian Weber (21 aprile 1864 – 14 giugno 1920) è stato un economistasociologofilosofo e storico tedesco.

Ragionare, Capire e Decidere ............... di Ipazia 27.09.2015

La Filosofia 3
Ci siamo soffermati sul pensiero di Talete, l'iniziatore della Filosofia.
Per lui il molteplice, la complessità, trova unità nella parola arché che designa tanto l'identità o unità del molteplice (=ciò che vi è di identico in ognuna delle cose diverse), quanto l'unità da cui tutto viene e in cui tutto ritorna, come appunto -secondo Talete- l'acqua del mare che è tanto ciò che tutte le onde hanno di identico, quanto ciò da cui le onde provengono e in cui ritornano. 

Ciò da cui le cose si generano e in cui, ritornando, si corrompono non è a sua volta generabile e corruttibile, per cui Aristotele lo definisce come ciò che continua ad esistere immutato.

Sintetizzando l'acqua -secondo Talete- è identità del diverso; principio da cui provengono e in cui tornano tutte le cose; dimensione eterna che governa tutte le cose che divengono.

Simplicio, un filosofo e matematico bizantino (490-560 d.C.) vissuto un millenni dopo Talete, scrisse: "E' tradizione che Talete per primo abbia svelato ai Greci l'indagine intorno alla natura, pur essendoci stati ... anche molti altri ricercatori. Ma Talete superò coloro che lo precedettero a tal punto da farli dimenticare tutti".

In cosa Talete è stato grande ?
La grandezza del primo filosofo, di Talete, sta nell'orizzonte che la sua domanda dischiude, non nella risposta che egli -allora- riuscì a dare alla sua domanda, perchè essendo l'acqua una tra le molte cose, non può essere ciò che tutte le cose hanno di identico. 
L'acqua è una risposta inadeguata all'orizzonte dischiuso dalla domanda.

Quindi ?
La Filosofia procede per superamento di aporie. Pòros in greco significa via, a-porìa è una via senza uscite, che non consente di procedere oltre.

Vedremo che un discepolo di Talete riflettendo sulla risposta del maestro sull'Arché di tutte le cose, sul principio di ogni cosa, ci farà sapere che non può essere una "cosa" quale è l'acqua. 
Anassimandro avvertirà, infatti, che sulla strada indicata da Talete non vi può essere seguito ed è necessario, per il pensiero filsofico, cambiare strada. 

L'Aporìa -vedremo- che verrà superata.


Uomini, fatti, eventi. Come li ricordiamo oggi

27 Settembre
Nasce nel 1827 a Fayetteville, in North Carolina, Hiram Rhodes Revels, il primo afroamericano ad essere eletto nel Congresso degli Stati Uniti

Vigoroso sostenitore dell’eguaglianza razziale, ha rappresentato il Mississippi al Senato nel 1870 e 1871, durante la ricostruzione dopo la guerra civile.

Revels nacque libero da un padre nero e una madre scozzese; fu istruito da una donna nera per la sua prima educazione.

Studiò in un seminario nero in Ohio e fu ordinato pastore nel 1845. In qualità di ministro della Chiesa metodista episcopale africana, Revels predicò in vari Stati.
Ricordò di aver incontrato forti opposizioni: “Sono stato imprigionato nel Missouri nel 1854 per aver predicato il Vangelo ai negri, anche se non sono mai stato sottoposto a violenza”.
All’epoca il parlamento statale eleggeva direttamente i senatori degli Stati Uniti. Revels venne eletto al Senato nel 1870 in rappresentanza del Mississippi con 81 voti a favore e 15 contrari a uno dei due seggi senatoriali spettanti a quello stato e rimasti vacanti dopo la guerra civile.
L’elezione di Revels venne contrastata dai Democratici conservatori del sud, che si rifacevano alla sentenza Dred Scott contro Sandford, che molti considerano essere stata una delle principali cause dello scoppio della guerra civile. Sostenevano, in base a quella sentenza, che nessun nero era cittadino americano prima della ratifica del XIV emendamento nel 1868. Dal momento che per essere eletti al Senato erano richiesti almeno nove anni di piena cittadinanza, gli oppositori di Revels concludevano quindi che non poteva essere eletto perché era cittadino da soli due anni. I suoi sostenitori controbattevano che la sentenza Dred Scott si applicava solo ai neri di puro sangue africano. Revels era di origine mista bianca e nera; quindi, dicevano, non vi rientrava ed era di conseguenza cittadino americano da sempre. Questa tesi finì per prevalere e, il 25 febbraio 1870, Revels con una conta dei voti di 48 a 8 diventa il primo nero ad ottenere un seggio al Senato degli Stati Uniti.
Durante il suo mandato, Revels agì in favore di una politica tesa al compromesso e alla moderazione, tentò di rassicurare i senatori riguardo le capacità dei neri. Nel suo primo discorso al Senato, il 16 marzo 1870, per cercare di far reintegrare i membri neri dell’Assemblea generale della Georgia che erano stati illegalmente espulsi da quelli bianchi dichiarò “Io affermo che il passato della mia razza è un chiaro indicatore dei sentimenti che oggi li animano. Per migliorare la propria condizione non intendono sacrificare uno solo degli interessi dei cittadini bianchi loro pari“.
L’attenzione del Senato si concentrò per lo più sui problemi della ricostruzione. Mentre i Repubblicani radicali sostenevano la necessità di continuare a punire gli ex-confederati, Revels era favorevole ad un’amnistia e alla restituzione della piena cittadinanza a condizione che si giurasse fedeltà e lealtà agli Stati Uniti.
Il mandato di Revels durò un anno, dal febbraio 1870 al 3 marzo 1871. In questo periodo si battè con pacatezza per l’eguaglianza, anche se senza molto successo. Si schierò contro un emendamento proposto dal Senatore Allen G. Thurman che proponeva di mantenere la segregazione razziale nelle scuole. Propose un giovane nero per l’ammissione all’Accademia Militare degli Stati Uniti, anche se poi la stessa venne rifiutata. Ottenne successo nella difesa della causa dei lavoratori neri a cui era stato impedito di lavorare all’Arsenale navale di Washington per il colore della loro pelle.

Il suo modo di agire al Senato, insieme a quello degli afroamericani eletti alla Camera dei Rappresentanti spinse un contemporaneo bianco, Blaine, a dire: « Gli uomini di colore eletti al Senato e alla Camera sono stati di norma uomini diligenti, seri e ambiziosi, il cui comportamento pubblico farebbe onore a qualsiasi razza ».
Revels si dimise due mesi prima del termine e venne nominato rettore dell’Alcorn Agricultural and Mechanical College in Mississippi, e successivamente assunse l’incarico di Segretario di Stato del Mississippi.
Nel 1874 venne rimosso dall’incarico ad Alcorn, per aver sostenuto la campagna contro la rielezione a Governatore del Mississippi di Adelbert Ames. Il posto gli venne riassegnato nel 1876 dalla nuova amministrazione democratica e lo mantenne fino al giorno in cui decise di ritirarsi dalla vita politica nel 1882. « .. Da quando è cominciata la ricostruzione,…. Alla mia gente è stato detto da questi malfattori che, nonostante fossero stati candidati uomini notoriamente corrotti e disonesti, dovevano votare per loro; che la salvezza del partito (repubblicano) dipendeva da questo;…Questo è solo uno dei molti modi che questi demagoghi hanno escogitato per rendere duratura la schiavitù intellettuale del mio popolo…. L’amarezza e l’odio creati dall’ultima parte della guerra civile sono stati, secondo me, dimenticati in questo stato, e sarebbero stati dimenticati del tutto già da un pezzo se non fosse per alcuni scellerati che mantengono vivi questi brutti strascichi del passato e instillano l’odio razziale per potersi arricchire grazie ai posti pubblici e agli emolumenti che garantiscono e per controllare la mia gente che per effetto di quest’azione finisce per degradarsi »