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mercoledì 31 dicembre 2014

Sapori di Sicilia (10)

La Sicilia è un'isola eppure parecchi storici l'hanno definita un continente. Basta pensare che dalla fine del quattrocento sino al settecento gli arbëresh di Contessa sono stati ad occupare un lembo dei territori Cardona-Gioeni-Colonna senza -sostanzialmente- avere contatti con i paesi limitrofi. Solamente i funzionari della Signoria (baronia) venivano da fuori, per il resto solo poche persone esterne alla comunità conoscevano il modo di vivere di quei "greci", come venivano chiamati.

Per oggi però il nostro discorso punta ad altro, non intendiamo rinverdire la storia specifica dei contessioti.
Vogliamo evidenziare come la Sicilia sia sì un'isola però sotto più aspetti si differenzia da luogo a luogo; spostandosi di pochi chilometri è facile notare come cambi il paesaggio, i profumi ed i sapori. L'isola andrebbe valorizzata e preservata nei suoi dati culturali fondamentali ed invece, a causa della peggiore classe dirigente del pianeta (o forse dell'Universo) è in preda alla mafia, ai ladri ed ai mascalzoni.
In questa rubrica, arrivata al decimo aggiornamento, abbiamo tentato di includere la cucina siciliana fra i beni culturali che andrebbero salvaguardati. 
Vastedda del Belice
Ci sono stati vari tentativi di esportare in ogni parte del mondo, ovunque ci siano siciliani, i modelli gastronomici fondamentali dell'isola: la pasta, l'olio d'oliva, il vino, i gelati ed i dolci; però ogni imitazione è sempre stata lontana dagli standard isolani. Solo qui, in Sicilia, esiste il contesto adatto ed esistono gli ingredienti adatti per la gastronomia siciliana. 
In un libro di un famoso scrittore italiano sta scritto che i prodotti che danno vita ai piatti isolani sono Storia, oltre che suggestioni.

Sul giornale di Sicilia, di oggi 31 gennaio sono dedicati ampi spazi ai formaggi dell'isola con particolare attenzione alla "vastedda del Belice" di cui ci siamo occupati in altri spazi di questa rubrica.
Il locale caseificio di Pollichino, nel borgo Roccella, è uno dei pochi impianti che produce questo ricercatissimo formaggio e ci pare doveroso invitare i lettori siciliani che volessero visitare Contessa Entellina di non trascurare una visita in quel borgo realizzato sessant'anni fà dall'Eras.

Siamo alla vigilia di Capodanno. Domani è festa, anzi lo è già questa sera e non c'è festa senza il vino. Il vino è allegria e talvolta desiderio di dimenticare gli affanni ed i rovesci della vita. Da noi, in Sicilia, non è mai esistito un vino caratterizzante l'isola. Abbiamo scritto più sopra che in materia gastronomica l'isola è un continente. Pure nel comparto del vino l'isola si esprime al plurale poichè con l'orografia dei territori variano gli ambienti ed i metodi di coltivazione dei vitigni.
Gli esperti del settore ci elencano varie specie di vitigni e di denominazioni, dal Trebbiano all'Inzolia al Grecanico, al Nerello, al Perricone al Nero d'Avola etc. etc. e poi ci spiegano che alla tradizione delle antiche varietà autoctone (quelle tanto apprezzate da Cicerone ed altri personaggi) si sono affiancate nel secolo scorso le alloctone al fine di adeguare il vino alle correnti tendenze del mercato. 
Nel nostro territorio, in quello di Contessa Entellina,  la parola "mercato" non l'avevamo mai sentita pronunciare dalle differenti figure professionali. In questo lembo di Sicilia (all'angolo delle province di Agrigento, Trapani, Palermo) solamente dai produttori di vino abbiamo sentito con naturalezza e senza enfasi pronunciare il fondamento della moderna disciplina economica: "il mercato".
Sbaglia  chi pensa che la produzione dei vini locali sia tutta storia moderna. Abbiamo ricordato che i vini della zona di Entella sono stati decandati persino da Cicerone.
Alexandre Dumas ne "I benedettini di San Nicola il Vecchio" racconta di un barone tedesco che ebbe salva la vita dai briganti siciliani che lo tenevano prigioniero, solo elogiandone i vini locali.

Esistono, certo, i vini più classici. Il più conosciuto vino siciliano da dessert è il Marsala, ancora oggi vera bevanda che rinfranca lo spirito.
Sul territorio di Contessa Entellina ormai le aziende che producono ed imbottigliano il vino sono un discreto numero, dal Donnafugata conosciuto in ogni parte del mondo (ci è stato detto persino a San Francisco di California) all'Entellano, l'azienda agricola di Luca Colletti che ormai è pure essa affermata sui mercati vicini e lontani. Altre aziende sono operanti come la Guarino-Benanti ed altre ancora.
La ricetta











Per fare la pasta delle sfince, versata l'acqua in una pentola di media grandezza, aggiungere il burro e il sale e portare a ebollizione. Aggiungere la farina tutta in una volta, togliere dal fuoco e mescolare in continuazione finchè l'impasto si stacca dalle pareti della pentola. Versare su una superficie fredda per farlo raffreddare. Quando è tiepido aggiungere le uova, una per volta, amalgamando bene.
Scaldare l'olio in una pentola. Deve essercene abbastanza da permettere alla pastella di distribuirsi bene e di triplicare il volume iniziale. Fare cadere un cucchiaino di impasto nell'olio bollente, usando il dito per staccarlo dal cucchiaino.
Non cuocere troppe sfince alla volta. Saranno pronte in circa tre minuti. Assicurarsi di girarle e di farle dorare su ogni lato, poi scolarle su carta da cucina e lasciarle raffreddare.
Usando una tasca da pasticciere con il beccuccio piccolo, farcire le sfince con la crema. Decorare con un pezzettino di scorza d'arancia candita.

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