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sabato 13 dicembre 2014

Hanno detto ... ...

Il fenomeno corruzione è capillare, 
diffuso a tutti i livelli della 
penisola, da Mafia Capitale
 al borgo periferico di 40 abitanti.
Eppure la classe dirigente del
paese, finge di non saperlo. Finge
al punto da non ricordarsi di
Tangentopoli.
MATTEO RENZI, premier
«Si sappia che da questa parte del tavolo c’è gente che non si darà tregua finché ogni angolo d’Italia non sarà analizzato, eviscerato sui fenomeni corruttivi»
«A nome del Governo rivolgo un grande appello affinchè i processi si facciano e le sentenze arrivino il più velocemente possibile. Siamo disponibili a mettere la fiducia se sarà necessario»». 
«Diciamo ai magistrati che è fondamentale che le sentenze arrivino il prima possibile -ha proseguito-, perché altrimenti c’è indigniazione momentanea ma poi non c’è chiarezza sui colpevoli».
 «La confisca riguarderà anche gli eredi. Se c’è chi ha rubato e ciò è confermato, gli eredi saranno corresponsabili nel senso patrimoniale del termine» ha detto il premier. 
«Noi pensiamo che la corruzione non si combatta semplicemente con le norme, pensiamo sia una grande questione educativa e culturale, una grande sfida per il nostro Paese»,
«Per chi ha commesso il reato in passato vige il principio giuridico del “favor rei”, come sanzionato dalla Carta costituzionale. Nel momento in cui il testo diverrà legge, mi auguro nel tempo più breve si applicheranno le nuove norme»
«Siamo persone che vanno a testa più che alta su questi temi: Però pensiamo che bisogna fare di più sulle norme, perché siccome ci sono occasioni di patteggiamento che consentono di non andare in carcere e di non pagare il giusto, è nostro dovere modificare le regole del gioco».

FRANCO BECHIS, vice-direttore di Libero
Parlo di Mafia Capitale con un artigiano e mi dice: un tempo un boss romano governava in ogni quartiere. Poi i figli hanno
studiato. E adesso a Roma c'è la 'ndrangheta.

ROBERTO SAVIANO, scrittore

«Questo amico nostro», così il boss Massimo Carminati e Salvatore Buzzi definiscono il direttore de "Il Tempo" Gian Marco Chiocci nelle loro telefonate, considerandolo l’anello che permette al gruppo di avere un rapporto diretto con i media. Non stupisca che siano scelti giornali locali per ottenere vantaggi negli affari, l’importante è avere una sponda anche marginale su cui poi far partire le loro campagne. L'incontro tra Chiocci e Carminati avviene avvalendosi dell’avvocato Ippolita Naso. I due non vogliono farsi sorprendere, quindi adottano accurate precauzioni (l’avv. Naso rimase per buona parte dell’incontro tra Carminati e Chiocci in attesa sulla soglia dell’ingresso, «nel presumibile intento», scrivono i carabinieri, «di intercettare all’esterno dello studio ogni eventuale avventore e precludergli la vista dei presenti»). Secondo i Ros dei Carabinieri non c’era nessuna millantata intervista da fare piuttosto è presumibile che abbiano parlato della stessa vicenda per cui anche Buzzi si era mosso nei giorni precedenti. Poi “Il Tempo” tornerà sulla faccenda, per sostenere che il giudice del Tar che ha sospeso l’assegnazione è in conflitto di interessi.

MICHELE AINIS, editorialista del Corriere della Sera
A ogni azione corrisponde una reazione. È la terza legge della dinamica, ma è anche la prima legge della politica. Che infatti s’emoziona solo quando un’onda emotiva turba l’opinione pubblica. Troppi detenuti nelle carceri? Depenalizziamo. Troppi corrotti nella municipalità capitolina? Penalizziamo. Sicché in Italia siamo giustizialisti o garantisti a giorni alterni. Basta consultare Google: 141 mila risultati per «aggravamento delle pene», 143 mila per «diminuzione delle pene». 
Ma oggi è il giorno dell’inasprimento, del giro di vite e di manette. Il Consiglio dei ministri ha appena licenziato un testo urgente, benché non tanto urgente da confezionarlo in un decreto. E quel testo stabilisce la confisca dei beni del corrotto (meglio tardi che mai). Innalza i termini di prescrizione che altre leggi avevano abbassato. E per l’appunto aggrava la pena detentiva di due anni. Succede sempre, quando c’è un allarme sociale da placare. È già successo con le norme approvate dopo l’ultimo caso di pedofilia (settembre 2012) o dopo il penultimo disastro ambientale (febbraio 2014). 

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