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giovedì 27 novembre 2014

Enti Locali: Incentivi per la progettazione - (Corte dei Conti, sezione regionale Lombardia deliberazione n. 300/2014/PAR del 13 novembre 2014.)

Con la deliberazione riportata sopra, la Corte dei Conti della Lombardia fornisce chiarimenti in merito all'applicazione degli artt. 92 e 93 del d.lgs 12 aprile 2006, n.163 (codice dei contratti pubblici), come modificati dagli artt. 13 e 13 bis della l. 11 agosto 2014, n. 144, di conversione del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, che hanno abrogato i commi 5 e 6 del citato art. 92 e aggiunto i commi da 7 bis a 7 quinquies all'art. 93.
Come più volte messo in evidenza il c.d. incentivo alla progettazione, in costanza del previgente art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006, costituiva eccezione al principio di onnicomprensività della  retribuzione, finalizzato ad incentivare il ricorso alle professionalità interne dell’Ente.
A fronte di un’abrogazione secca dei commi 5 e 6 dell’articolo 92 del codice dei contratti pubblici, in materia di incentivi per la progettazione, disposta dall’art. 13 del decreto legge, l’art. 13 bis, introdotto in sede di conversione, ha previsto l’istituzione, a carico delle stazioni appaltanti e per le finalità descritte, di un fondo per la progettazione e l’innovazione, destinato alle risorse umane e strumentali necessarie per tali finalità, in misura non superiore al 2 per cento degli importi posti a base di gara di un’opera o di un lavoro, secondo modalità determinate da un regolamento adottato dall’amministrazione. Sempre tale regolamento dovrà definire i criteri di riparto di tali somme, ferme restando le ripartizioni direttamente disposte dall’atto normativo.
Di conseguenza a decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 114/2014, di conversione del d.l. n. 90/2014, i comuni, come tutte le altre pubbliche amministrazioni, dovranno fare riferimento, per la disciplina degli incentivi al personale interno, incaricato di attività tecniche nell’ambito del procedimento di aggiudicazione ed esecuzione di un’opera pubblica, alla nuova disciplina legislativa, con conseguente necessaria adozione di un nuovo regolamento che stabilisca la percentuale massima destinata a tali compensi (comma 7 bis) e un accordo integrativo decentrato, da recepire nel predetto regolamento, che stabilisca i criteri di ripartizione (comma 7 ter). Entrambi dovranno adeguarsi alle novità normative, fra le quali spicca l’esclusione, fra i soggetti beneficiari dell’incentivo, del  personale con qualifica dirigenziale (comma 7 ter, ultimo periodo).
In relazione alla questione della cesura applicativa tra la vecchia e la nuova normativa, vale a dire, se essa trovi applicazione con riferimento alle sole attività successive o anche a quelle precedenti, ma non remunerate all’atto dell’entrata in vigore del decreto, la Corte ricorda la posizione della Sez. autonomie, 8 maggio 2009, 7/SEZAUT/2009/QMIG, che ha precisato che “dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva. ….ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la  frazione temporale di attività compiuta”: con la conseguenza che “il “quantum” del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire”.

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