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lunedì 13 ottobre 2014

Hanno detto ... ...

GIOVANNI VILLINO, girnalista GdS
In questa ferma ciclicità della vita, tra le piccole cose che mi sostengono c'è il nascere, il morire e il rinascere dei fiori

FRANCO GABRIELLI, capo della Protezione Civile
 «Vi sono responsabilità diffuse, non solo di chi ha sbagliato la previsione meteo»
«Si sospendano per 10 anni in tutt’Italia le nuove edificazioni, si punti sulla messa in sicurezza dei nostri territori e sulla riqualificazione dell’esistente». 

CORRADINO MINEO, senatore pd
Al terzo giorno -solo al terzo- Ezio Mauro oggi deciso di aprire Repubblica con le notizie dall’alluvione: “La rivolta di Genova. ‘Via il sindaco’. Renzi, vi aiuteremo”. All’interno Gad Lerner e Adriano Sofri scrivono cose interessanti. In prima pagina la foto dei ragazzi che spalano è bella quanto sono belli loro. Bisogna però ricordare che 4 giovani con meno di 35 anni su 10 sono senza lavoro. Che gli stipendi per chi trova impiego ristagnano “appena sopra gli 800 duri”. Che solo il 16,4% dei nati tra l’80 e l’84 “ha migliorato, con la laurea, la condizione di provenienza”, Il 29,5% ha invece “sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine”.I laureati, poi, sono il 20,3% contro una media europea del  34,6. Chi può va all’estero.Cifre del Sole24Ore. 

Questi sono “gli angeli del fango”.

GINO PAGLIUCA, giornalista
Ancora tre giorni per pagare la prima rata della Tasi (Tassa sui servizi indivisibili): l’appuntamento di giovedì 16 ottobre riguarda i possessori di immobili nei comuni che hanno deliberato le aliquote tra la fine di maggio e il 10 settembre. Dove il comune aveva deciso entro maggio la prima rata è già stata pagata (la scadenza quasi ovunque era quella del 16 giugno). Nei 659 comuni che non hanno deliberato entro il 10 settembre il tributo si pagherà con l’aliquota 0,1% in unica soluzione entro il 16 dicembre, data in cui in tutta Italia dovrà comunque avvenire il saldo. 
Tra i comuni interessati ci sono undici capoluoghi di regione e tra questi Roma e Milano.

ANGELO PANEBIANCO, editorialista del Corriere della Sera
Quanto può valere, in termini di reclutamento di altri combattenti in tutto il mondo, oltre che di nuovi simpatizzanti per la «causa» (la guerra santa), la sempre più probabile caduta di Kobane nelle mani dello Stato islamico? Kobane, la città curda assediata (e già in gran parte conquistata dal Califfo) i cui abitanti combattono per sfuggire a morte certa, sta diventando una prova dell’impotenza occidentale. Le analogie storiche funzionano solo in parte ma la battaglia di Kobane sta assumendo un rilievo simbolico che ricorda quello di battaglie decisive in certe guerre del passato. Come Stalingrado. I curdi ce l’hanno soprattutto con il presidente turco Erdogan che non muove i carri armati, né permette ai curdi di attraversare il confine con la Siria per andare a salvare gli abitanti di Kobane. Ma la tragedia della città è, prima di tutto, il frutto degli errori degli occidentali, della loro passività, durata troppo a lungo, di fronte alla nascita e alle vittorie del Califfato. I bombardamenti americani hanno rallentato l’avanzata dei jihadisti ma, secondo lo stesso Pentagono, non basteranno né a salvare Kobane né a bloccare l’ulteriore espansione dello Stato islamico. Per fare quel lavoro occorrono le truppe di terra. Esattamente ciò che Obama non è disposto a impegnare. 

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