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sabato 26 aprile 2014

Pasqua a Contessa Entellina: tradizioni, inni, preghiere, poesie ... ... di Calogero Raviotta

Canti liturgici e paraliturgici della tradizione religiosa e popolare
I testi di seguito riportati, che riguardano il giorno di Pasqua, completano quanto già proposto all'attenzione dei lettori  per far conoscere le celebrazioni della Quaresima e della Settimana Santa a Contessa Entellina.
La Resurrezione di Cristo viene annunciata già nella notte di Pasqua da gruppi di giovani, che, accompagnati da strumenti musicali, per le strade di  Contessa e  fermandosi anche davanti alla porta delle case, cantano l'inno della Resurrezione in greco, in albanese ed in italiano: “Cristòs anésti ek nécròn, thanàto thànaton patìsas, kjé  tis en tis mnìmasi zoìn harisàmenos - Krishti u ngjall! Aì tue vdekur ndridhi vdeqjen e shkretë e të vdekurvet  te varret i dha gjellën e vërtetë - Cristo é risorto dai morti; morendo calpestò la morte e donò la vita a quelli che giacevano nei sepolcri”.
Completano il testo di questo inno liturgico i versi di seguito riportati, scritti da Antonino Cuccia, poeta popolare arbresh di Contessa.

Tri ditë In'Zot                                        Tre giorni Nostro Signore
Rrijti nën dhe;                                        Stette sotto terra
Na u gjall si sot,                                     E' risorto come oggi,
Me shum' haré.                                      Con molta gioia.

Të vrart Iudhenj                                     I malvagi Giudei
Kur Krishtin vran                                   Quando uccisero Cristo
Ruajtin varrin                                         Custodirono la tomba
Me lëftar' nga anë!                                  Con sentinelle ad ogni lato.

U sdrip një engjjëll                                  Discese un angelo
Gjithë  i shkëlkjiem:                                Tutto splendente
Drasë sbëlòn,                                         Scopre la lastra:
Crishti fluturòn.                                      Cristo vola via.

Lëftartë u llavtin                                     I soldati si atterrirono,
Jiktin e vanë,                                          Fuggirono e andarono
Gjithvet i thanë                                       A dire a tutti:
Gjella fluturoj.                                        La vita é volata.

Me shumë menatë                                  Di buon mattino
Jerdhën grat;                                          Vennero le donne,
Engjëllin pan:                                         Videro l'angelo
Ku isht Krishti? I thanë.                          E gli chiesero: dov'é Cristo?

Engjëlli i thot:                                         L'angelo risponde:
Mos kini dré,                                         Non abbiate timore,
Mos Kërkoni,                                        Non cercate,
Nga varri u ngré.                                    S'é alzato dal sepolcro.

U nisën grat,                                          Si avviarono le donne,
Jertin më dhe                                         Per ritornare
Tue kunduar:                                         Cantando:
Kemi haré!                                             Abbiamo la gioia.

Antonino Cuccia (1850-1938), poeta popolare arbëresh
Nato a Contessa Entellina nel 1850, Nino Cuccia (Strollaku), come tutti i ragazzi contessioti delle famiglie contadine, ben presto dovette dedicarsi ai lavori di campagna.  Dotato di una intelligenza non comune, imparò a leggere ed a scrivere.
Osservatore acuto del comportamento dei concittadini, ne rilevò gli aspetti più ridicoli, descrivendoli satiricamente. Non ci rimane però nessuna opera scritta direttamente da lui, che era solito recitare i suoi versi. Conosciamo alcune sue opere, perché il testo é stato trascritto da qualcuno, che l’aveva ascoltato dalla sua viva voce.
Di due opere satiriche, “Tania” e “Tavulata” conosciamo il titolo, qualche verso ed il contenuto, tramandati oralmente fino ad oggi.
Nel poemetto “Tania” critica il lavoro delle donne nei campi e mette in rilievo l’avarizia di alcuni contadini. Nel secondo poemetto, “Tavulata”, mette in ridicolo gli interminabili e tradizionali banchetti nuziali (pettegolezzi, litigi, ecc.).
La poesia “Stosanesi”,  conosciuta da molti, descrive, con espressioni sintetiche ma molto efficaci, la resurrezione di Cristo e la tradizione, che si rinnova ogni anno a Pasqua a Contessa.
I versi di un’altra poesia, di cui si conosce solo il titolo (“Zotrat” - I preti), illustrano invece i secolari vivaci rapporti tra il clero di rito bizantino ed il clero di rito romano, che nelle comunità siculo-albanesi costituiscono una caratteristica e interessante componente della vita locale.
Molti gli epigrammi e le poesie, composti nella tarda età, di ogni genere e tramandati solo oralmente.
Le sue opere costituiscono una testimonianza significativa sia della lingua albanese parlata a Contessa sia  della vita della comunità contessiota, relativamente al periodo in cui é vissuto.
Antonino Cuccia, cultore poco noto della poesia popolare arbëreshe, é morto a 88 anni a Contessa Entellina.

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