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lunedì 23 dicembre 2013

L’icona della Natività è il prologo della storia della salvezza e rappresenta il compendio dei misteri della Fede: l’Incarnazione, la Morte e la Resurrezione.

Nella Chiesa bizantina a presentare quel "mistero" che è Natività del Signore non è tanto il presepe quanto l'Icona.
Andrej Rublev intorno al 1420, ha suddiviso le diverse scene che si riferiscono alla Natività in tre fasce orizzontali che si ordinano intorno al centro dell'immagine, costituito dalla figura della Vergine Madre e dal Bambino.
Nella fascia mediana è raffigurato il mistero stesso della Natività: gli angeli ed i pastori adorano il Figlio eterno.
Distesa nel riposo, come ogni donna che ha dato alla luce il figlio - una posizione che serve a sottolineare il realismo dell'incarnazione, messa in dubbio dalle eresie dei primi secoli (monofisismo) ed affermata dai Concilli - Maria appare al tempo stesso come la Sovrana.
E’ vestita di porpora, che solo l’imperatore e l’imperatrice, divinizzati nel mondo romano, potevano indossare, è quindi la Madre di Dio, sostenuta dal cuscino rosso porpora, intessuto d'oro, come nelle rappresentazioni del Signore in trono, e segno della dignità imperiale, soprattutto d’Oriente.
Il fatto che non guardi il bambino significa che anche lei è compenetrata dal Mistero nella fede, assorta nella contemplazione dell'evento straordinario.

La figura del Bambino è tutta in riferimento al mistero pasquale: il suo corpo, che ha  le proporzioni di quello di un adulto, è già stretto nelle bende della morte e giace in una mangiatoia più simile ad un sepolcro di pietra. Alle sue spalle si spalanca il buio della grotta, simbolo delle tenebre del mondo (il male) in cui egli accetta di entrare umiliandosi ed accettando la morte (il sepolcro) per fare sgorgare di nuovo la Luce.
In basso: a sinistra S. Giuseppe, seduto è ripiegato sul mistero di questa nascita, che non rientra nelle leggi della generazione naturale, è sovrastato dalla figura di un pastore. Ieri, in Chiesa, nell'omelia il celebrante accennava all'umiltà di questo padre-putativo. Verosimilmente quel San Giuseppe rappresenta tutta l'umanità incapace di capire il "Mistero". Se quel Bambino è un dono all'umanità (che sarebbe da salvare) esso va accettato e basta; quel "dono" non rientra infatti nella logica conosciuta della generazione umana. E' questo il punto su cui -ai nostri giorni- tanto si discute: siamo o no padroni della nostra vita ? Possiamo disporne con le disposizioni di 'ultima volontà' ?
In questo frangente evangelico si "asserisce" che il generare, dare la vita, è di Dio non dell'uomo. L'uomo è destinatario di un dono.
San Giuseppe, pensieroso, riflessivo e sognatore è -in verità- l'uomo, è l'umanità (o la Chiesa) che è posta nella condizione o di accogliere o di non avere altre risposte (da qui la Fede).
 
 A destra, le levatrici lavano il bambino appena nato, come si fa con ogni bambino che viene al mondo. Ma, in questo caso, non è il Bambino ad aver bisogno di essere purificato, è piuttosto lui che santifica e vivifica l'acqua in cui viene immerso. Ecco perché la piccola vasca ha la forma di un fonte battesimale e l'acqua che cola dalla brocca brilla come l'oro.
 
L’icona non si limita a rappresentare il fatto, ma ne esprime contemporaneamente anche il significato teologico: il cerchio ideale disegnato da tutti i personaggi disposti intorno alla grotta sta a significare l’Unità Divina.
Al centro: buio, notte, macchia nera simbolo del caos, confusione, non senso, nel quale Gesù, Luce del mondo, entra. Ed ecco nasce il nuovo giorno.
Bimbo che è un adulto. Egli è contemporaneamente il centro teologico e compositivo dell’icona: la sua testa si trova sull’asse verticale individuato dal raggio della stella, che si divide in tre ad indicare che l’incarnazione è opera trinitaria.
È simbolicamente avvolto in bende mortuarie e posto nella mangiatoia-sepolcro all’interno della caverna buia: il luogo e il modo in cui è deposto è simbolismo del sepolcro in cui un giorno entrerà per portare a compimento su questa terra l'amore per l'umanità, umiliandosi (kenosis) e scendendo al livello più profondo della terra (agli inferi: la culla-sepolcro sembra proprio sprofondata nella grotta) e sconfiggendo definitivamente il maligno con la Sua morte in croce e liberando coloro che erano morti dai lacci della morte e facendoli uscire, liberi, nella Luce. Accanto al bimbo, lasciato solo, campeggia la massa della Vergine Madre, che non guarda il bimbo,
rivolta verso l'umanità con quel suo sguardo pensoso. Il messaggio dice: gli angeli lo stanno guardando, sono loro i custodi; Maria ha da guardare l'umanità - simboleggiata nei tre riquadri - avvolgerla col suo sguardo:
- pastori = umanità semplice, povera, incolta
- due donne = laboriosità, quotidianità lavorativa, impegnata
- Giuseppe, con accanto il tentatore = umanità dubbiosa, pensante, cercante, inquieta, messa alla prova (come di Maria si dice "conservava nel cuore" anche lui conserva il mistero di cui è partecipe...).
- i Magi = gli illuminati, coloro che seguono i segni, umanità in cammino, i popoli che dall'oriente si mettono in cammino, i cercatori...
- Le figure tradizionali del bue e dell'asino = la creazione "che attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio". Figli perché da quella nascita tutta l'umanità è chiamata ad essere "figli di Dio".
 
Dall'alto scende, fulgida, una stella: fa pensare alla mano creatrice del Padre: un raggio di luce tripartito, dalla dimora di Dio si cala sulla grotta e in verticale raggiunge la testa del bambino, attraversa Maria e tutta l'umanità. È il movimento d’amore che dal Padre raggiunge l’uomo attraverso il Verbo, per opera dello Spirito Santo.
Vari strati di rocce punteggiati di cespugli che sembrano dire: il deserto rifiorisce, "Ecco io faccio nuove tutte le cose".
L’icona della Natività è il prologo della storia della salvezza e rappresenta il compendio dei misteri della Fede: l’Incarnazione, la Morte e la Resurrezione.
 
 
 

 

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