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lunedì 23 settembre 2013

Organizzazione e funzionamento dei Comuni nell'ordinamento repubblicano (n. 3)

L'Italia dei Comuni 
Abbiamo gia' visto come i comuni svolgano un ruolo fondamentale per la convivenza civile sin dalle epoche piu' lontane.
La cultura dei municipi in Italia si e' sempre contrapposta a quella dello Stato centrale. Cio' dipende dal fatto che i comuni sono radicati sul territorio ed hanno rapporti immediati con la popolazione, con i cittadini.
Abbiamo inoltre finora assistito alle varie fasi dell'evoluzione degli enti locali fino al periodo di governo di Francesco Crispi. Questi, e' noto,  e' stato Presidente del Consiglio nel periodo di fine secolo dell'Ottocento, al culmine dell'Italia liberale, quando ancora nel nostro Paese mancava l'identita' nazionale e l'Italia era ancora il Paese dei comuni.
Crispi, un arbëresh di Sicilia, era un ex garibaldino, ossia un liberale di sinistra, ed ha voluto che la figura del "sindaco", fino ad allora nominato con regio decreto, fosse scelto direttamente dai Consigli Comunali.

L'Italia post-liberale
Vittorio Emanuele III re d'ItaliaNell'Italia liberale l'assetto organizzativo dei comuni veniva deciso esclusivamente con disposizioni legislative dello Stato. Lo Stato esercitava inoltre un rigido controllo sulla vita degli enti locali intervenendo sia sui requisiti e le condizioni per essere nominati a rivestire funzioni negli organi dei comuni che sui singoli provvedimenti che venivano emessi.
Con l'avvento del regime fascista la logica e la visione che ebbe a guidare gli enti locali, che sino ad allora seppure lentamente si avviava a forme di autogoverno, fu completamente di tipo accentratrice. Fu fortemente rafforzato il centralismo statale e la stessa figura del sindaco (podesta') torno' ad essere di nomina prefettizia.
Il sindaco (podesta') accentrò in se il ruolo di sindaco e di consiglio comunale. Nei comuni di grande dimensioni il podestà venne affiancato da una Consulta.
Mussolini durante un comizioIl Fascismo curo' inoltre il varo di un nuovo T.U. delle leggi comunali (r.d. 383/1934).
Con la caduta del regime fascista riprese, lentamente, il processo che puntava verso un livello piu' alto di autogoverno. Vennero pertanto (gennaio 1946) soppresse le figure del podesta' e della Consulta e riattivate le funzioni degli organismi elettivi.
Alcune parti del T.u.  del 1934 furono soppresse in un contesto che comunque per molti anni a venire rimase piuttosto difficile e confuso dal punto di vista interpretativo.
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Nel 1948 entra in vigore la nuova Costituzione Repubblicana che riconosce ampia rilevanza ai Comuni negli articoli che qui riportiamo
-Art. 114: La Repubblica si riparte in regioni, province e comuni
-Art. 128: le province e i comuni sono "enti autonomi" nell'ambito dei principi fissati dalle leggi della Repubblica che ne determinano le funzioni
-Art. 129: le province e i comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionale (.....) e le circoscrizioni provinciali possono essere divise in circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento.
Il ruolo degli enti locali ebbe un orizzonte quindi completamente diverso rispetto al periodo fascista. Lo si rileva specialmente dal diverso aspetto che viene ad assumere il sistema di controllo sui comuni.
 -L'Art. 130 Cost. prevede che un organo delle Regioni (il Co.re.co.) eserciti un controllo di legittimità, limitatamente sui provvedimenti e non

piu' sugli organi. Prevede, inoltre, un controllo piuttosto limitato sul merito dei provvedimenti.
La Costituzione ebbe in buona sostanza il grande merito di dare rilievo costituzionale ai comuni e alla loro "autonomia" pur riservando allo Stato la competenza legislativa in materia di enti locali.
Vedremo, tuttavia, in seguito che in Sicilia in forza dello Statuto speciale gran parte della competenza legislativa in materia di enti locali è stata assegnata alla Regione.


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