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domenica 4 agosto 2013

Debito Pubblico. Un tempo era lo Stato ad indebitarsi, con la seconda Repubblica nelle Regioni e nei Comuni è facile saccheggiare

Tangentopoli segnò il passaggio dalla prima alla seconda repubblica. In pratica dal sistema dei partiti di massa si è passati ai partiti personali o dei professionisti della politica.

La illegalità è -per questa via- aumentata a dismisura, i bilanci degli enti pubblici sono andati in rosso, si sono formate montagne di debiti ed altri ancora per ripianarli. La causa di tutto questo, può essere individuata nella modifica del titolo V della Costituzione, operata da un governo di centro-sinistra o di finto centro-sinistra, e per giunta con pochi voti di maggioranza.

All’improvviso, il nostro Parlamento, quasi con un colpo di mano, sconvolse la nostra Costituzione, suonando il mortorio allo Stato centralistico risorgimentale. Il momento storico in cui tutto questo è  possibile è dominato dalla demagogia della Lega Nord che suona i pifferi d’un federalismo grossolano e ignorante, senza cultura e senza conoscenza della storia del Paese.
Il fatto grave non sta nella demagogia rozza della Lega Nord, un partito senza tradizione e senza cultura politica ma nei partiti organizzati (si fa per dire), che per miope tornaconto politico, hanno finto di seguire le farneticazioni dell’On. Bossi e dei suoi accoliti. 

In quella fase tutti i partiti sembrarono ipnotizzati dalle ciance della Lega e convertiti al federalismo, senza capirne la portata della proposta.  Si trattò d’una riforma epocale i cui danni oggi stanno sotto i nostri occhi, anche se tuttora i Partiti di destra e di sinistra dinanzi a questo tema balbettano e non hanno il coraggio o l’interesse  di cambiare.

Il Tit. V riformato prevede che i Comuni, le Province, le Regioni e lo Stato centrale formano la Repubblica. Da questo momento scompaiono i controlli, tipici dello Stato centralizzato. Il segretario comunale, per esempio, non deve dare pareri di legittimità sugli atti amministrativi e scompaiono i Comitati di controllo ed i Commissari di Governo. Il nuovo stato degli Enti locali viene disciplinato dai decreti del ministro Bassanini che conferiscono enormi poteri ai vertici amministrativi. Questi possono scegliersi i dirigenti, anche esterni ed anche il segretario comunale deve essere di gradimento del vertice dell’ente.
La gestione degli Enti locali passa nelle mani della burocrazia e la politica mantiene solo il potere d’indirizzo. In un momento in cui l’attenzione della Magistratura è rivolta agli amministratori locali, Bassanini  toglie loro la gestione diretta per  affidarla  ad una burocrazia che non è altro che una longa manus della politica.
La casa degli Enti locali che fino a quel momento aveva goduto d’una certa protezione incomincia a mostrare le prime falle che lasciano filtrare atti illegittimi –da ignoranza- a getto continuo ed infine nelle realtà meridionali aprono le porte alla mafia. I sindaci ed i consiglieri diventano infatti esperti di impianti eolici, per dirne una.

Determine e delibere non sono più soggette a controllo. Inizia una fase nuova per gli enti locali: ognuno si regola come crede tanto non deve dare conto a nessuno. Nasce una democrazia senza controlli.
I partiti d’opposizione che un tempo vigilavano e controllavano la maggioranza non esistono più perché i “partiti personali” si dotano di grande mobilità; oggi in maggioranza e domani all’opposizione ricattatoria in vista di …

Il diritto di controllo viene demandato solo agli elettori. Ma come? E quando? Alla fine del mandato, col voto.
Queste vedute assurde sono state avallate fino ad oggi da tutta la nostra classe politica. Centro-destra e finto Centro-Sinistra.

Comuni, Province e Regioni amministrano male? Mandano l’Ente da loro amministrato in dissesto? Non importa. Chi sta al governo dell’Ente aumenta le tasse per ripianare i debiti, ed i cittadini pagano.
La classe politica quando prende atto che la mafia entra con facilità negli enti locali, invece di porre mano al Tit. V e ripristinando i controlli, vara una legge sullo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa.

Ai tempi in cui gli atti amministrativi erano soggetti a controlli non era possibile che dirigenti o funzionari sottraessero somme di pubblico denaro all’ente, come invece accade ora. Ma questo nessuno lo dice, nessuno invoca il ripristino dei controlli, quando è risaputo che senza controlli non può esistere democrazia.
Stando alle tante relazioni di scioglimento dei Consigli Comunali non si capisce chi ha agevolato le infiltrazioni mafiose. Generalmente gli amministratori non vengono denunciati all’autorità giudiziaria per favoreggiamento della mafia né i burocrati vengono rimossi.

Si direbbe che la mafia s’è infiltrata da sola.
Spesso gli amministratori sciolti per mafia, finita la fase commissariale, ritornano al loro posto, mentre i burocrati non vengono nemmeno spostati d’ufficio, né ruotano.

Che senso ha tutto questo? La gente resta confusa. 

Quanto costa ai cittadini un comune commissariato? Non solo il malgoverno degli amministratori ma anche il peso di chi dovrebbe restaurare la legalità cade sui cittadini.
Come si vede ci troviamo da anni dinanzi ad una crisi epocale della democrazia nel nostro Paese. La nostra classe politica o la casta, che ormai da anni occupa il paese, vive in uno stato di confusione e d’impotenza, discute solo di piccole cose, ma non è in grado di volare alto per ammodernare lo Stato.

Ma il Paese ha bisogno d’altro: occorrono riforme organiche e prima fra tutte bisogna mettere mano al titolo V ridisegnando il ruolo evitando che i debiti fatti dagli amministratori cadano sui cittadini e che il danaro pubblico possa scivolare in tanti rigagnoli che nulla hanno a che vedere con il bene comune.

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