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venerdì 30 novembre 2012

Matteo Renzi. L'impresa impossibile di voler conquistare un partito in mano a burocrati e nomenclatura ancora ad oltre 20 anni dal crollo del muro

E’  bufera pubblicitaria su Matteo Renzi. Non si è ancora placata l’eco dell’esposto firmato dagli altri quattro candidati al primo turno delle primarie che già spunta un altro “capo d’accusa” contro le tecniche di promozione scelte dallo staff del sindaco. Da qualche giorno, infatti, agli utenti di Facebook capita di imbattersi in messaggi postati direttamente dalla pagina ufficiale di Renzi che appaiono non nella sezione notizie come un intervento qualsiasi dei profili seguiti, ma nella colonnina a destra del monitor, quella, cioè, degli annunci sponsorizzati. Si tratta di una strategia mirata a diffondere più possibile il punto di vista del sindaco, che, però, potrebbe essere un ulteriore motivo di violazione della normativa di comportamento per le primarie. Facile che anche questo episodio abbia inciso nella decisione da pare di Bersani, Vendola, Puppato e Tabacci di alzare le barricate e mettere nero su bianco il proprio malumore sulle tecniche di campagna utilizzate da Renzi, a loro avviso oltre i confini delle regole statuarie. Secondo quanto previsto dal decalogo della competizione interna al centrosinistra e pubblicato sul sito web della coalizione “Italia. Bene comune”, infatti, per i partecipanti “ai fini della sobrietà della campagna elettorale e della riduzione dei costi della politica, è fatto divieto ai candidati e ai loro sostenitori di ricorrere a qualsiasi forma di pubblicità a pagamento, come, ad esempio, spot su radio, televisioni, giornali, internet, o affitto di spazi su cartelloni pubblicitari”. La norma non dimentica di specificare la parola “internet”, ben sapendo che una larga fetta della campagna delle primarie si gioca proprio su questo canale. Insomma, assodata la presenza di immagini e post che ritraggono Renzi e i suoi messaggi ufficiali negli spazi dedicati da Facebook agli annunci a pagamento, potrebbe esserci gli estremi per una violazione a una precisa disposizione del regolamento, in queste ore  ferocemente contestato proprio dai renziani. Un altro azzardo per il sindaco di Firenze, che domenica deve cercare di recuperare quasi 300mila voti al segretario Bersani: in vista del ballottaggio, Renzi cerca di battere ogni strada ma, ora, il suo diretto avversario, con l’appoggio degli altri sfidanti già fuori dalla corsa, ha deciso di dire basta. E, al voto finale, mancano ancora due giorni. Che dire ? Che che vengono in mente il rigorismo e le "minacce" di bolscevica memoria da parte di un apparato e di una nomenclatura ancora ben radicata e viva all'interno del Pd. Non si capisce come mai nessuno si accorge che tutte le citta' d'Italia somo tapezzate col faccione "bonario" di Bersani.    

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