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domenica 28 agosto 2011

I nipotini di Berlinguer si sono smarriti, come era capitato prima ai nipotini di Turati e Nenni, nei meantri del potere fine a se stesso

La recente esplosione della questione morale anche all'interno del Pd, fino al punto che il capo della segreteria di Bersani risulta sia stato al centro di un "sistema" di tangenti, ha portato molti a riflettere sulla famosa intervista che Enrico Berlinguer rilasciò a Eugenio Scalfari nel 1981, proprio quando iniziava l'avventura craxiana.
Scrivere quanto segue viene chiamata “antipolitica”, decenni fa veniva chiamata “qualunquismo”. La verità è che l’antipolitica di oggi è praticata da chi ha avuto modo di conoscere la politica da vicino, da chi ha avuto la possibilità di “sporcarsi le mani”, e ne uscito nauseato.
La verità dell'agire politico di oggi è sotto gli occhi di tutti; assistiamo ad vero e proprio fenomeno sociale di degenerazione sistemica, che ci da la sensazione dell'irreversibile.
I partiti di oggi sono macchine di potere e di clientela:
1) I loro uomini hanno scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente,
2) Al loro interno mancano idee, ideali e programmi,
3) Il sentimento e la passione civile è pari a zero.
4) Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche i più loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune.
5) Oggi ai partiti si sono sostituite le persone, le bande, le lobby, i gruppi di pressione, essendo i partiti solo dei simulacri all'interno dei quali trovano collocazione i vari gruppi di potere per esercitare e gestire i propri interessi.
6) Corruzione e malaffare non sono fenomeni che attengono alla flebile tenuta morale dei singoli, ma ad una complessa e storicamente motivata trasformazione del rapporto tra la politica e la società.
La moralità, l’inseguire i principi puliti, il volere una società migliore non è infatti frutto della buona educazione, dell'aver avuto buoni insegnamenti morali in parrocchia o a scuola: è il frutto di una storia ed è innanzitutto alimentata da una passione, nutrita dal sentimento.
Nella ingloriosa prima Repubblica per diventare “deputato” al Parlamento si iniziava dall’essere segretario di sezione, consigliere comunale, regionale, militante, organizzatore sociale. Solo quando si disponeva di una ”storia” poteva arrivare …il salto, che non era salto ma approdo.
Oggi il passaggio avviene da velina a deputato, da truffaldino locale a grande truffatore.
8) Per avere passione in politica, questa non deve essere vista come amministrazione del presente, come occupazione di posti di potere e di aziende municipalizzate per far funzionare gli acquedotti o l'azienda trasporti. No, la passione nasce da un'idea di futuro, da una immagine di società che sia in grado di mobilitare energie, di suscitare forza morale e di compensare quello che non si ottiene, amministrando, in benessere materiale.
9) La moralità è la conseguenza di una tensione tra il presente e quello che sarà, è la posta che si lancia sul tavolo della scommessa per il nostro avvenire, è il "sogno" che illumina l'altrimenti nostra grigia vita quotidiana; è la storia personale e collettiva di un ceto dirigente che si riconosce nel medesimo orizzonte e che ha lottato insieme per raggiungerlo.
10) Quando - in nome del pragmatismo e della società post-ideologica - la politica si riduce alla mera gestione del quotidiano e i ceti politici si formano per aggregazione opportunistica (p.e. a Contessa Entellina assistiamo ad un sindaco berlusconiano ed a un vice-sindaco cracoliciano che stanno l’uno accanto all’altro per riscuotere la rispettiva “mercede-indennità di carica”); quando essa (la politica) diventa il gioco del potere, allora coloro che amano il potere cominciano a giocare ai danni delle comunità.
E le conseguenze sono quelle che oggi vediamo e che Berlinguer nella famosa intervista ad Eugenio Scalfari, esattamente trent’anni fa, aveva diagnosticato: i suoi nipotini (i Bersani, i Veltroni, i D’Alema etc.), troppo occupati nel gestire e nell'amministrare, hanno perso ogni passione, ogni «sentimento»; hanno «perso l'anima» e con essa la residua legittimità di «chiamarsi fuori» dalla cacca del gioco di potere in cui sono entrati senza sapere per quale ragione di fondo.

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