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domenica 17 aprile 2011

Leonardo Sciascia, una intervista del 1979 (V)

Sciascia, scrittore siciliano o europeo ?
D.: Sciascia, scrittore siciliano o europeo ?
R.: Sono diventato scrittore europeo a un certo punto. Prima ero uno scrittore siciliano. Poi sono diventato scrittore europeo, ma credo per un fatto esterno, per il fatto di avere avuto successo in Francia, per affinità … perché io mi sono molto formato su questa letteratura, sugli illuministi, su Diderot, Voltaire, Courier, su Stendhal. Per me, Stendhal è lo scrittore che amo di più, che leggo sempre. Mi affascina, mi interessa quella energia, quella vivacità, il modo di essere al tempo stesso poeta e, direi, scienziato dell’animo umano. Io considero il De l’amour , per esempio, una delle cose più scientifiche che siano mai state scritte sull’amore. Eppure è un’opera di poesia, ma è anche la scienza.
D.: Lei si riferisce al culto dell’energia dell’opera di Stendhal. E forse è per questo che D’Annunzio l’ha attirato ?Mi riferisco al mito del superuomo.
R.: Non tanto il mito del superuomo, quanto questo tono musicale della parola. Ma D’Annunzio è stato un po’ la malattia di tutti gli italiani per due generazioni almeno. Sì, ma è stato però una specie di vaccinazione: uno a quindici anni leggeva D’Annunzio, lo amava, poi a vent’anni non l’ha letto più.
Il rapporto dello scrittore col cinema
D.: Lei ha parlato delle influenze letterarie nella sua formazione di scrittore. E’ vero che in principio non sono stati tanto gli scrittori siciliani ad interessarla ?
R.: No, Pirandello, c’èstato sempre per me. Nella mia storia Pirandello c’è stato sempre. E curiosamente ho conosciuto Pirandello, da principio, non attraverso i libri, ma attraverso il cinema, attraverso una versione cinematografica del Fu Mattia Pascal.
D.: Come risolverebbe lei il problema di presentare un’opera letteraria sullo schermo, piccolo o grande che sia ? Il film del Fu Mattia Pascal rappresenta fedelmente le intenzioni di Pirandello, ad esempio ?
R.: a seconda: in questo film di Marcel L’Herbier ci sono diversi finali. Per esempio: c’è anche un lieto fine. Allora il lieto fine non è più pirandelliano. Ma nella versione che ho visto io in Italia si era più fedeli al testo. Nei film muti i finali potevano essere diversi …
D. : Per attirare il pubblico ?
R.: Si, il rapporto dello scrittore col cinema è un rapporto molto precario. Non si può pretendere dal cinema la fedeltà dell’opera letteraria. L’opera letteraria che diventa cinematografica è un’altra cosa, insomma.
D.: E’ per questo motivo che lei non si cura nemmeno di andare a vedere le versioni cinematografiche dei suoi libri ?
R.: Quando li vedo li guardo come se fossero di un estraneo, non sono più miei. Allora non mi arrabbio nemmeno quando il regista fa un’altra cosa. Molti autori sì, si arrabbiano a vedere i loro racconti, i loro romanzi diventati diversi, Io no. Io penso che il regista fa del film il “suo” film. Io ho scritto il libro mio.
D.: In effetti, nel film Il giorno della civetta, del regista Damiano Damiani, il personaggio di Don Mariano Arena è presentato in una veste completamente diversa da quello che avrà avuto in mente lei. Il regista l’ha vestito di bianco, con una eleganza alla siciliana, ma certamente più adatta al personaggio di un capomafia, giovane, forte, all’americana.
R.: Sì, in un certo senso americano. Io trovo che il film di Damiani non è un buon film, ma non perché non è stato fedele al mio libro, ma perché non ha saputo fare un buon film.
D.: E poi, è stato introdotto nel film l’elemento romantico che è appena accennato nel libro, e cioè l’intrigo amoroso della vedova Nicolosi con “un certo Passarello”. E l’elemento romantico-sentimentale vien messo in evidenza assai più di quanto non lo fosse nel libro.
R.: Sì, hanno completamente travisato la cosa. Hanno messo un’attrice famosa … Sì, mi è dispiaciuto, ma non tanto da accorarmene. Non è un buon film, semplicemente. Perché non ha reso la mafia comìè. . . Si può essere infedeli ad un libro, ma poter fare un buon film: il Damiani non c’è riuscito. Ha fatto un film da grosso pubblico e in questo senso è riuscito, perché il film è andato benissimo, ha avuto una diffusione abbastanza forte. Poi c’è il vantaggio, col film, che porta sempre nuovi lettori a un libro.
(Continua)

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