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giovedì 17 marzo 2011

L'Unità d'Italia è una opportunità, ... per le regioni che la sanno apprezzare e se ne sanno avvalere

La notte scorsa in molte località della penisola si sono svolte molte cerimonie intese a ricordare il 150° compleanno dell'Unità del paese. E' giusto che ciò sia accaduto. Nel mondo globalizzato è bene che gli italiani mettano in evidenza il loro particolare modo di essere, come è giusto che ogni angolo d'Italia sia orgoglioso del proprio particolare. A Contessa siamo orgogliosi del nostro essere arberesh. Le due cose camminano infatti perfettamente insieme.
Non tutti gli italiani hanno ritenuto di celebrare la ricorrenza, alcuni perchè avrebbero voluto una Unitrà diversa, altri perchè non l'avrebbero  voluto affatto, ed altri perchè addebitano all'Unità tanti malanni insorti in questi 150 anni.
Certo nelle celebrazioni, qua e là, si sta dando una enfasi che gli insegnanti di storia ponevano sulle vicende del Risorgimento fino a qualche decennio fà.
L'Unità non va letta con i tanti eccessi che, stonatamente, ci danno un Nord che portava al Sud civiltà, ricchezza, giustizia ed equità. Il punto non è questo, anche perchè il Sud era sotto certi aspetti ricco e la civiltà era presente più o meno nella stessa misura in cui c'erà in Lombardia o in Toscana; c’erano i latifondisti -è vero-, ma nel Nord le aristocrazie accentravano pure là più ricchezze che altri.
A Sud  Napoli era fra i porti più importanti d’Europa, la moneta borbonica era considerata solida.
La prima linea ferroviaria d’Italia fu costruita a Napoli (la Napoli - Portici) inaugurata il 3 ottobre 1839.
Quindici anni dopo l'Unità (1876)  le piaghe, i divari, cominciano ad incancrenirsi e minacciano di ammorbare l’Italia.
Oggi constatiamo che il tasso infrastrutturale del Sud è all’incirca la metà di quello del Nord. Pasquale Saraceno, meridionalista, insistette: "per riequilibrare un Paese duale serve una politica duale nel senso che va investito di più dove c’è di meno".
La colpa di quanto accaduto, del divaricarsi fra le due Italie, è in massima parte addebitabile alla classe dirigente politica, amministrativa e imprenditoriale del Sud, la quale non ha in questi 64 anni di Repubblica saputo, voluto, difendere i diritti dei meridionali, in quanto interessata esclusivamente ai propri interessi privati. Fa ridere (meglio dire piangere) apprendere dai giornali che un ex-dipendente di una azienda di Berlusconi, un certo Miccichè, ieri,o l'altro ieri, abbia chiesto al suo ex datore di lavoro il permesso se potesse costituire un forza politica di finto meridionalismo. Pare che Papi gli abbia risposto ok, purchè non facesse incavolare Bossi.
Dal dopoguerra ad oggi i parlamentari siciliani, nella generalità, sono stati dei miccicheini.
E' vero, oggi, i principali parametri sociali ed economici del meridione, sono ben lontani da quelli del Nord. La colpa non è nè di Bossi, nè di Berlusconi, nè di altri. Sono stati i siciliani che hanno sempre affidato la massa dei voti a ... personaggi più o meno squallidi (para-mafiosi) o, al massimo, interessati clientelismo.
L'Unità d'Italia è una opportunità, ... per chi la sa apprezzare e adoperare.

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