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mercoledì 16 febbraio 2011

Leonardo Sciascia, in una intervista del 1979 (II)

Pubblichiamo la II parte dell'Intervista di Leonardo Sciascia a Thomas Baldwin il 20 maggio 1979

Per capire la mafia
T.D. Baldwin: Si può ricollegare a questo la figura di Diego Marchica, disposto a tutto, disposto ad ammazzare per lucro. E' anche lui un "vinto", vinto cioè dal destino ?
L. Sciascia: Sì, è la sola legge che loro conoscono. Lì c'è un problema: uno dei testi più importanti per capire la mafia secondo me, è quello di Hobsbawn, che s'intitola I ribelli , lì ci sono trenta pagine sulla mafia che sono quanto di meglio sia stato scritto sulla mafia". Lui praticamente fa una scoperta semplice: ritiene che l'unica rivoluzione borghese che poteva avere la Sicilia è la mafia. Ora, dopo questo saggio di hobsbawn, ne è uscito un altro, importante, ed è il libro sulla mafia di Henner Hess. Ora Hess dice una cosa essenziale: il mafioso non sa di essere mafioso. Fa parte di una visione della vita, di una cultura, di una legge, che è la sola che conosce. (...) Toqueville ha dato anche, direi, una spiegazione della mafia, quando ha detto che tra la Sicilia orientale e la Sicilia occidentale c'è una grande differenza, nella proprietà fondiaria, perchè in oriente (la Sicilia orientale)  esiste la piccola proprietà, nella Sicilia occidentale esiste, invece, il latifondo e lui ha capito perfettamente che da questa differenza nascono tante condizioni sociali diverse e se, allora, si fosse parlato della mafia, Tocqueville avrebbe capito perchè la mafia era nata nella Sicilia occidentale; cosa che gli italiani hanno stentato molto a capire. Franchetti e Sonnino a mio parere, hanno analizzato bene il fenomeno. Però chi è giunto al cuore della questione, ripeto, è Hobsbawn.
"Io in un certo senso quel libro lo detesto ... "
D. : Ad un certo momento, riferendosi a Il giorno della civetta, lei ha dichiarato: "Io in un certo senso quel libro lo detesto ...": la qualifica sembra abbastanza significativa.
R.: Io non lo amo molto perchè ha avuto troppo successo rispetto agli altri libri miei. Io ritengo di aver scritto dei libri migliori; ad esempio Il Consiglio d'Egitto, per me, è un libro migliore del Giorno della civetta. Anche A ciascuno il suo, anche Todo modo. Però questo è il libro che ha avuto un successo enorme. Credo che in Italia sia sul milione di copie ... poi è stato tradotto ... cioè ha avuto successo anche per ragioni esterne al libro, per ragioni che riguardano il fenomeno della mafia in Sicilia. Allora questo mi disturba un pò, perchè -dopo tutto- io non sono un mafiologo, sono uno scrittore. In quanto scrittore, so dove sono riuscito meglio e dove un pò meno. E questo libro non mi pare che sia un libro importante, se non esternamente ...
"La linea del caffè ristretto ..."
D.: Però Il giorno della civetta, con la denuncia di un male sociale è uscito in un momento in cui sono apparse altre denunce, altri rapporti sociologici sulla realtà siciliana in quanto  sono stati rivelati diversi problemi sociali della Sicilia, troppo a lungo soppressi.
R. : Sì, quello era un momento in cui si aveva interesse a questi problemi reali. Si aveva la speranza, quasi la certezza, che fossero problemi risolvibili, problemi che la Repubblica Italiana potesse cancellare, insomma.
D. : Invece non è stato così, a distanza di quasi vent'anni. Però è da rilevare che già in quell'epoca, in Il giorno della civetta lei ha fatto dire a un suo personaggio -un continentale- uno di Parma, un uomo istruito, il medico Brescianelli amico del capitano Bellodi: "Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia ... gli scienziati dicono che la linea della palma ... viene su, verso il nord ... Io invece dico: la linea del caffè ristretto ... E sale come l'ago di mercurio di un termometro ...". E oggi  questa linea del caffè ristretto ... ?
R. : E' salita.
(Continua)

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