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venerdì 3 dicembre 2010

L'eutanasia, il suicidio ed il caso del grande regista Monicelli (2)

Dopo aver trattato il punto di vista cattolico sull'eutanasia, tentiamo di capire il ragionamento di chi credente non è. Questa parte di italiani esige l'introduzione nella legislazione dell'istituto giuridico "testamento biologico".

Il punto di vista dei non credenti
Secondo il prof. Emanuele Severino, non credente divenuto tale dopo essere stato un cattolico praticante, l’attuale legislazione italiana è tale da esporre i medici all’incriminazione per “omicidio” quando viene ritenuto che essi abbiano sospeso un’assistenza ancora non ritenuta “accanimento terapeutico”. La vera questione sembrerebbe, pertanto, essere quella di capire chi debba stabilire quando comincia l’accanimento terapeutico, perché spesso tanti medici, per paura o per coscienza, si adeguano alle direttive della Chiesa o mascherano con queste direttive la loro paura (peraltro legittima).
Interrogato in una intervista al Corriere della Sera sul suicidio del regista Monicelli, il filosofo Severino trova in quel gesto più nobiltà d’animo che il suo contrario ed evidenzia la contraddizione della legislazione italiana che non punisce il “tentativo di suicidio”, o suicidio non riuscito, e punisce invece quei medici che rispetto ad un soggetto che non ha la capacità di suicidarsi (è il caso Welby) lo aiutano. Accade pertanto, a causa di questa contraddizione, che quando il medico non vuole essere incriminato il suicidio del paziente inabilitato è reso impossibile (diseguaglianza della legge, quindi).
Da quando è rimbalzato sui media il caso Welby, è tornato in circolo, negli ambienti della politica, la parola eutanasia; tuttavia la soluzione della questione pare essere, in Italia, più in mano della Chiesa-Istituzione che del Parlamento.
Secondo il prof. Severino bisogna partire dal presupposto che se per i credenti il suicidio è immorale, costituisce quindi una colpa, occorre almeno fissare più nitidamente il confine oltre il quale il gesto, per lo Stato, per la Comunità civile, esso diventa reato. Occorre quindi distinguere ciò che è "peccato" da ciò che è "reato". Serve la legislazione che introduca anche in Italia il “testamento biologico” con cui chi è affetto da male irreversibile e diventa incosciente possa lasciare scritto (o comunicare a persona di fiducia) che quando non fosse più in grado di alimentarsi da sola gli venga sospesa anche l’alimentazione artificiale.
L’influente Chiesa italiana ad oggi è invece trincerata nella posizione che non si debba dar corso alla volontà espressa perché nulla assicura che nel frattempo l’interessato non abbia cambiato parere. In realtà al fondo della posizione cattolico-istituzionale c'è come abbiamo evidenziato nello scritto di ieri la fede che la vita, indipendentemente dalla sua dignitosità, sia un dono.

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