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domenica 19 dicembre 2010

I paesi emergenti e le economie che eufemisticamente vengono adesso definite "mature"

VISTO IN TV la 7…… dal programma :”EXIT “
Dagli Imprenditori, atto d’accusa all’Italia …..la cronaca di un tour in Tunisia offerto dal Governo locale.
di Nicola Graffagnini

Stamane ho riletto gli appunti su un programma tv dal nome strano, EXIT, un mercoledi sera alle 21, ci ha offerto un reportage su un tour organizzato dall’associazione industriali di Caltanissetta.
In Tunisia i nostri imprenditori siciliani hanno visitato nuove aree industriali integrate, cioè aree industriali di nuova generazione, ove puoi trovare la zona industriale con assi autostradali di ingresso, porto e aeroporto insieme.
Vista dall’alto sembra un modello in plastica di qualche facoltà di Architettura americana, ove nacque l’idea delle aree industriali integrate per le prime “zone franche”, invece tutto è vero ed avveniristico nello stesso tempo e quasi ancora non ci crediamo perché è sorto in un batter d’occhio ( 10 anni ) laddove prima c’era solo deserto.
Gli imprenditori già stanziati da alcuni anni, raccontano all’intervistatore i vari benefit economici offerti gratuitamente dalla Tunisia.
Intanto non si paga l’IVA sugli acquisti delle macchine industriali, non si pagano tasse di nessun genere per 10 anni dall’insediamento della fabbrica, la paga degli operai si aggira intorno ad una media di 150 euro, mentre nemmeno i profitti degli imprenditori sono tassati, per cui la tentazione di trasferirsi rimane forte e a questo punto, quasi a conclusione del tour, in un grande albergo che li ospita, si aprono i colloqui con i funzionari dei Dipartimenti operativi settoriali di Stato.
“EXIT”
prosegue con la storia a lieto fine di una impresa italiana in crisi e poi con un dibattito molto serio sul presente dell’impresa italiana dell’auto.

L’impresa si chiama Piaggio e siamo nel 2003, l’impresa è in crisi di mercato e per uscirne decide di andare incontro ai nuovi mercati in espansione demografica e di pil, opera degli investimenti in Asia, in India per iniziare.
Oggi Piaggio è cresciuta nei mercati esteri ma anche in Italia ove è rimasto il cervello operativo. Questa è la storia di una impresa conosciuta e si può affermare che oggi l’impresa italiana media è internazionalizzata e delocalizzata, cioè costruisce dove vende, perché è più economico e perché in Italia risente di alcune problematiche .. mai risolte.
Intanto da almeno 10 anni la domanda sul fronte del mercato interno è stagnante ecco perché alcune di queste imprese hanno preferito andar via in questo lasso di tempo decennale, in Tunisia e in Algeria, per fare un esempio di cui abbiamo raccontato più sopra, in quei mercati il costo del lavoro è inferiore, l’impresa che esporta ha più facilità di raggiungere i mercati internazionali con più efficienza e produttività e soprattutto con pochi oneri.
La riflessione che sorge spontanea è sempre quella, in Italia bisogna pensare a una nuova tassazione delle imprese e del lavoro, occorre far pagare poche tasse alla rendita e ai consumi, per equilibrare il prelievo e avviarsi verso una riforma della spesa pubblica, oppure sono guai.
Ritornando al mondo delle imprese e segnatamente al mondo delle auto, i grandi stati, a partire dagli USA di Obama, per passare alla Francia di Sarkosi o alla Germania della Cancelliera Merkel, hanno voluto investire nella salvaguardia della manifattura dell’auto ed è quello che non si verifica in Italia. Cremaschi, già responsabile auto nella Fiom cgil, afferma in conclusione della serata:
“In Italia si fanno macchine non più produttive per il mercato europeo, la FIAT ha abbandonato anche il Centro progettazione di Torino, mentre dallo Stato non è venuta una seria politica di investimenti nella ricerca e nell’università”.
E qui mi sovviene una bella intervista alla domenica da Fazio rilasciata dal rettore del Politecnico di Torino che come si sa, ragiona anche delle macchine del futuro, e accennava ad un Dipartimento dell’auto operante in Torino, che era in grado di fornire nuove idee per nuovi prototipi.
Spiace che quell’intervista non l’hanno seguita, né Marchionne, teso a dividere l’unità sindacale nel settore auto, né il Ministro per le attività produttive, ma almeno per quest’ultimo vi è una giustificazione per il solo fatto che ancora, dopo cinque mesi, non era stato nominato.
E termino l’inciso con questa notazione, domandiamoci in quale altro Paese del mondo sviluppato, un governo ci mette cinque mesi a nominare il nuovo Ministro delle Attività Produttive, durante una crisi di natura globale ed epocale, con milioni di lavoratori in cassa integrazioni ordinaria, speciale e di ritorno e con una media così elevata di disoccupazione giovanile .?
Nicola Graffagnini

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