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domenica 21 novembre 2010

Essere "contessioto".

Chi è il contessioto ?
è tale colui che è nato, discende, si identifica nella nostra comunità ?
Quale è il collante che fa sì che milleottocento residenti ed almeno ottomila emigranti (di prima, seconda e terza generazione) si autodefiniscano “contessioti” ?
La risposta più facile potrebbe essere:
è contessioto colui che vive, o i loro genitori sono vissuti, su uno spazio delimitato che coincide col territorio di Contessa Entellina. Ma non è una risposta tale da far sentire l’uno persona e l’altra portatrice di uno stesso sentimento, di uno stesso spirito. In alcune località ad unire la popolazione che ad essa fa riferimento c’è un orgoglio, un mito, una narrazione di un passato che coinvolge ed entusiasma. A Roma, i romani si sentono portatori di una grande narrazione mitico-storica, si sentono parte di quella vasta comunità che attinge alla Storia dell’Urbe.
A Contessa cosa ci unisce per ritenerci tutti membri della stessa Comunità ?
La risposta culturale, documentata, è che qui, nel nostro paese, siamo tutti (al 95%) discendenti o da linee materne-femminili o da quelle paterne degli arbëresh e che quindi abbiamo alle spalle una storia comune lunga cinquecento anni che fa di noi una unica comunità con una propria identità. Non solo la Storia ci è comune ma anche, ovviamente, il territorio su cui viviamo, la cittadinanza legale italiana e –perché no- anche qualche mito che ci viene fatto discendere dagli elimi di Entella o dai bizantini di Calatamauro. Siamo in perfetta verità degli italo-albanesi ben amalgamati e ormai ben legati da vincoli sia culturali che di sangue.
Ma è proprio vero che ci identifichiamo tutti nella comunità che possiede questa Storia speciale ? questa Storia quasi unica ? Storia che ci differenzia da tutti i paesi che ci stanno tutt’attorno ?
Per coloro che si sono formati con la cultura della modernità, che quindi sono disintossicati dai pre-giudizi, dall’in-tolleranza, e conseguentemente amano il pluralismo, la diversità, la varietà, i colori, il riconoscersi nella discendenza (in linea femminile e/o in linea paterna) degli Arbëresh è motivo di fierezza e specialità l'essere "contessioto" come l'abbiamo inteso.
Quanto è diffusa fra noi questo tipo di cultura, di consapevolezza, se è bastato un “prete … di Cianciana” a diffondere fra noi semi di … in-tolleranza (e quindi di ignoranza) fino al punto da lasciare parte di noi, di noi contessioti, fuori dal portone della "sua" Chiesa ?
Quell’in-tolleranza, quell’ignoranza, si è spinta fino al punto di creare, di avere creato, fratture fra concittadini, parenti, amici la cui unica colpa si voleva che fosse l’essere stati battezzati in questa o in quell’altra chiesa, pur essendo noi tutti “contessioti” e tutti discendenti, chi per una linea e chi per un’altra, dagli Arbëresh.
Negli altri paesi siculo-albanesi tutti si riconoscono (sacerdoti latini compresi... ) nel comune denominatore dell’essere arbëresh, a nulla influendo se dal punto di vista religioso si è cattolico-romano o cattolico-bizantino. Tutti comunque si riconoscono, siano greci o latini di rito, nell'essere arbëresh !. Si immagini che a Santa Cristina il rito greco non esiste eppure tutti si definiscono arbëresh.
Da noi questa condivisione etnica è esistita per cinque secoli, ma è ancora diffusa ?
L’essere arbëresh non è oggi un voler rincorrere alberi generalogici per rinvenire antiche tracce di Storia. Oggi l'essere arbëresh è una  attestazione giuridica, è una attribuzione fissata nella Carta Costituzionale, in alcune leggi che ad essa si ispirano ed è pure sancito e definito sul nostro Statuto Comunale. Essere arbëresh è pertanto un dato oggettivo per chi vive su questo territorio comunale, non è una scelta, ossia un volerlo essere o un non volerlo essere. Il nostro territorio è stato delimitato, in applicazione di specifica legge, ed incluso in quell’area della provincia di Palermo dove si applicano determinate speciali normative di vantaggio e di identificazione etnico-linguistica; di vantaggio per la tutela delle minoranze etniche.
Nella consapevolezza delle famiglie che da più tempo, ossia che tradizionalmente, vivono sul luogo questo modo di “sentire” e questo modo di “essere” è diffuso e fatto proprio.
Dal punto di vista politico-amministrativo molto spesso i “contessioti” si sono trovati su fronti opposti, a contendere gli uni idee ed interessi contro altri concittadini. Tutto ciò è normale dall’Illuminismo in poi. E’ normale perché le nostre società degli ultimi tre/quattro secoli sono frammentate in strati sociali, con interessi socio-economici non sempre combacianti. Sempre -comunque- i rappresentanti legali di questa nostra Comunità hanno seguito, perseguito, l’identificazione con la storia Arbëresh, fossero quei leaders dal punto di vista religioso di rito greco, di rito latino o agnostici.
Il denominatore comune di chiunque voglia definirsi “contessioto” non è un mito, esso discende come abbiamo riportato sopra dalle vicende storiche e solo chi si dibatte nell’ignoranza e nell’intolleranza riesce a perderne la consapevolezza.
Sul simbolismo storico dell'essere arbëresh, su questa identità che ci accomuna tutti occorre investire sia in termini culturali che di vita quotidiana per evitare che anche noi, noi contessioti, veniamo risucchiati nella “globalizzazione” opaca, senza colori e senza identità che oggi investe l'intero pianeta.
L'identità etnica è il collante di chi intende consapevolmente definirsi “contessioto”.

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