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domenica 17 ottobre 2010

Padre Mario avrebbe potuto chiudere senza il tentativo di imitare l'Ayatollà Komeini

   Oggi non potevamo non  seguire l'ultima messa di padre Mario nella Chiesa della Favara. Ultima della serie degli ultimi tre/quattro anni.
   Nessuno proibisce ovviamente che chi di competenza possa valutare positivamente, per lui, il ricorso presentato nei giorni scorsi e quindi potremmo tornare a parlare di Padre Mario.
   Vogliamo distinguere su due livelli la nostra riflessione:
-sul piano umano è comprensibile che ci sia stata fra tutti i partecipanti al rito amarezza, sofferenza e irrequietezza. L'avere conosciuto una guida spirituale per dieci anni ed alla fine vederselo sottrarre è inevitabile che sollevi sentimenti come quelli che è stato facile scorgere fra la gente. In fondo si è trattata della stessa sofferenza che ha spinto verso la fine di agosto i cattolico-bizantini a manifestare nello spiazzo Greco la loro rabbia in favore di papas Nicola, trasferito a Palazzo Adriano.
   Nulla pertanto da obiettare alle eventuali parole sopra le righe proferite da questo o quello.
-sempre sul piano umano è pure comprensibile lo stato d'animo di padre Mario, il celebrante che nell'omelia  ha, non tanto, commentato le letture e l'Evangelo ma ha spiegato le ragioni percui si è pervenuti alle situazioni di questi giorni. Quale uomo sarebbe stato sereno nel descrivere le vicende che oggi lo vedono costretto a lasciare la guida di una comunità ?
Riconosciamo pertanto le attenuanti per lo svolgimento della lunga, lunghissima, disguisizione di padre Mario.

-Affermato quanto sopra, con spirito sincero (anche se sappiamo che padre Mario non crederà alla nostra sincerità), passiamo subito a dire che un sacerdote non avrebbe dovuto dire tantissime delle cose che sono state dette. Se è corretto che dicesse tutto ciò che sentiva di dire avrebbe dovuto dirle prendendo le dovute misure, per esempio preparando -per questa occasione- un discorso scritto per evitare di farsi prendere dalla foga. Se sul piano comunemente umano lo capiamo non riusciamo ad apprezzarlo sul piano sacerdotale. No, un sacerdote in occasioni pubbliche non può farsi trascinare dalle emozioni e dai sentimenti del momento. Non può trasformare l'uditorio in una piazza emotiva.
   Noi così come abbiamo evitato di soffermarci sulla manifestazione dello Spiazzo Greco allo stesso modo eviteremo di soffermarci sulla "omelia" di oggi -per gli aspetti assolutamente non condivisibili-.
   L'unico aspetto su cui ci consentiremo di tornare a scrivere nei prossimi giorni sono le motivazioni della "Teologia delle porte chiuse". Padre Mario ha spiegato, a lunghi tratti, il perchè quell'episodio (vicende dell'agosto 2009) è avvenuto. Ovviamente dal suo punto di vista.

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