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giovedì 16 settembre 2010

La Chiesa gerarchica e la Chiesa dei credenti sono due mondi che poco o nulla hanno da spartire

Festa di Sant'Antonio Abate a Palazzo Adriano
Continua ad aumentare il numero dei sacerdoti cattolici nel mondo. Alla fine del 2008 erano quasi 410.000. La situazione è tuttavia differenziata nei vari continenti: il loro numero cresce in Africa, Asia e Oceania, è stabile in America ed è diminuito del 4% in Europa.
E’ proprio in Europa che si assiste in forma più accentuata al fenomeno della secolarizzazione. Per il Vaticano la situazione europea sta diventando un incubo: gli scandali in cui sono coinvolti sacerdoti accusati di molestie e, a volte, di violenza carnale nei confronti di bambini induce molte persone a mettere in dubbio o ad abbandonare la fede. Questo fenomeno dell’abbandono è rilevabile soprattutto in Germania, il paese natale del papa, ove esiste un sistema di registrazione per gli appartenenti alle varie confessioni e dove è pertanto facile disporre di dati con ciclicità quasi mensile. Ma anche nel resto dell’Europa la rilevazione è constatabile con la scarsa, scarsissima (nell’Europa Settentrionale) presenza alle cerimonie religiose, con i seminari semivuoti.
Il vero problema dove sta ? nel silenzioso abbandono, nell’emorragia di milioni di cattolici la cui fede è arrivata al punto di rottura per le contraddizioni giornaliere cui si è tenuti ad assistere tra gli insegnamenti del Vangelo e la realtà di ogni giorno che vede porpore rosse fare i cortigiani del potere e preti “celibi” fare gli irregolari. Ma non è solo questo. I vertici della Chiesa, coloro che in questo blog definiamo costantemente la “Chiesa-gerarchica” hanno da tempo, da tempi immemorabile nelle grandi realtà e da decenni nelle piccole, perso il contatto non solo con i fedeli ma anche con i sacerdoti di base, come dire con i papas Nicola di tutto il mondo, con i sacerdoti che sono credenti e che ogni giorno si sporcano le mani immergendole nelle ferite della società. Un Mons. Tamburrino, per dire, prima di prendere una decisione che produce impatto sulle comunità non si raccorda con i suoi rappresentanti comunitari ma si chiude in una stanza e in una settimana si ripassa i testi di burocrazia, di matematica, di diritto canonico e così via e poi passa alle disposizioni pratiche: nella concezione di Vescovi di questa risma, i sacerdoti che ogni giorno operano nella società, i fedeli che nonostante le gerarchie ancora credono, tutti sono soldatini di piombo. Ancora più in alto dei Monsignori Tamburrino, per motivazioni che nulla hanno a che fare con la Fede, si continua a vietare ai sacerdoti di sposarsi preferendo, o lasciando intendere, o consentendo ciò che poi viene puntualmente raccontato nei bar di tutto il mondo. Per i più alti livelli della Curia Romana è il principio del “celibato” che deve essere salvato, la pratica non conta. Eppure in ogni angolo del mondo la stragrande maggioranza dei fedeli è favorevole al matrimonio dei preti, circostanza che farebbe disporre di sacerdoti meno artificiali e sacerdoti più inseriti e raccordati col cuore delle comunità. Non c’è dubbio alcuno che i ‘papas sposati’ hanno contatti con strati della società che i “celibi” non raggiungono, o che addirittura -in automatico- rendono come per istinto anticlericali. E’ per noi molto significativa quella frase, riportata sul nostro blog, di un patriarca maronita che con certezza asseriva che se nel terzo millennio in Medio Oriente esiste ancora qualche comunità cristiana è grazie ai preti sposati. Questa asserzione è percepita molto bene da noi che viviamo a Contessa Entellina, dove se anticlericalismo è esistito o esiste è rivolto non di certo agli operatori locali che sono normalissime persone che si aprono socialmente come invece non è dato notare da parte dei “celibi”. Il nostro microcosmo è un laboratorio dove i Monsignor Tamburrino dovrebbero trascorrere, da Vescovi, stages almeno biennali. Imparerebbero a dialogare con la gente comune (che da noi oltre che gente comune è, senza le enfasi delle pedagogie latine, espressione dei fedeli). Fede e vita quotidiana a renderle diverse sono i preti celibi latini di ogni angolo del mondo.
Le speranze di molti cattolici su un ripensamento della Chiesa su questa questione del “celibato” sono naufragate nel marzo scorso, quando sull’onda degli scandali sessuali un cardinale ha dichiarato che forse era arrivato il momento di rivedere la questione del celibato. Benedetto XVI ha prontamente replicato con un discorso che, beato lui, tesseva le lodi del celibato “espressione del dono di sé a Dio e agli altri”.
Questo tipo di posizioni, che non hanno nulla a che spartire con la Fede, denotano un atteggiamento di indifferenza alla sensibilità della base credente. Qualcuno arriva a pensare che nelle sedi “ove si pote ciò che si vole” si punti a ridurre il numero dei credenti cattolici purchè siano “teologicamente” più omogenei. Il che, tradotto in altre parole potrebbe pure significare che i preti sposati del rito bizantino sono "non gustosi per i palati romani", e che se non possono ormai essere soppressi, ad essi debba (o possa) essere resa la vita impossibile trasferendoli di qua e di là. Le conseguenti ripercussioni, ovviamente negative, sulle famiglie potranno, così, far riflettere quegli aspiranti al sacerdozio che volessero prendere moglie.
Eppure il patriarca maronita, cui abbiamo fatto cenno, ha chiaramente asserito che a lui per la testa non è mai passato di trasferire uno di quei suoi preti sposati che in Libano sono la garanzia della fede cristiana nel terzo millennio.
Ci auguriamo che Mons. Tamburrino, quello in carne ed ossa che fa il tutor a Piana degli Albanesi, non abbia nella missione assegnatagli questi intenti, da noi voluti evidenziare solamente per sottolineare quanto sia lontano il modo di sentire delle gerarchie (che ormai non parlano che con i loro cortigiani) e la base dei cristiani, che per sentirsi tali non necessitano di inutili assensi vescovili. Quanto ci guadagnerebbe la Chiesa tutta (gerarchica e quella dei credenti) se i Vescovi non si sentissero, nelle questioni che nulla hanno a che fare con la Fede, gente comune del mondo !
L’erosione di cattolici in Europa e la crescita altrove non faccia cadere in inganno nessuno. Quell’erosione non è altro che un declino generalizzato dovuto al fatto che i Vescovi vivono -non la vita della gente- ma un loro modo di intendere la società che non ha nulla a che fare col terzo millennio. La società è ormai tutta urbanizzata, è discretamente istruita, e non ha nessuna voglia di inginocchiarsi dinnanzi ad alcun abito talare. La società necessita di preti che siano persone come tante, che vivano come tante, abbiano problemi di redditi insufficienti per le esigenze della famiglia e per l’istruzione dei figli. Persone che dialoghino con tutti e conoscano i bisogni delle famiglie della comunità.
Si, Caro Mons. Tamburrino, un papas Nicola vale quanto dieci Vescovi che dialogano solo con i loro cortigiani. I papas Nicola riempiono le Chiese perché sono credibili, i Vescovi che dialogano con i loro cortigiani e vanno a cena con i soliti nomi per godersi lo spettacolo della scalinata di Trinità dei Monti rovinano la Chiesa.
Qualche tempo fa ci è piaciuto uno scritto di qualcuno (non ricordiamo il nome dell’autore) che auspicava un papa che abitasse in uno qualsiasi appartamento di Roma e che con l’aiuto di un solo autista-segretario si spostasse per l’Italia ed il mondo sostando quindici giorni in realtà come Contessa Entellina e quindici giorni in un villaggio del Kenia.
Fantasie, ovviamente.

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