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venerdì 25 giugno 2010

Contessa Entellina 2010, un paese senza memoria, identità e futuro - Riflessione amara sul perchè del declino

In politica e nelle elezioni amministrative c’è chi vince e c’è chi perde: sono due ruoli correlati e reciprocamente indispensabili. Si può vincere e si può perdere, dunque. Il punto è “come” vinci o come perdi.
Nella vita di comunità ci sono momenti sociali facili e meno facili. Anche qui, molto o tutto dipende da “come” affronti le difficoltà.
Se, alla luce di quanto ora premesso, passiamo ad esaminare il quadro della realtà umana che si dibatte a vivere Contessa Entellina è difficile non convenire che ci troviamo davanti ad una comunità debole, spenta, delusa ed infine pure depressa sia sotto il profilo sociale che economico ed ancora sotto il profilo culturale. Non prenderne atto non ci aiuta a tentare di uscire fuori dal tunnel.
La Giunta Municipale, gli amministratori, i politicanti non sono altro che lo specchio di questa realtà; e non può essere diversamente. La vecchiezza, la fiacchezza di pensiero, contraddistingue amministratori ed amministrati.
Nel nostro amatissimo paese il merito, lo spirito creativo, non vale nulla, esiste l’ipocrisia di chiamare “gruppo” il coro familistico tendenzialmente amorale dei propri accoliti, un po’ come avviene ormai in ogni campo dell’Italia berlusconiana.
Il nostro è un paese, come ci appare oggi, senza memoria, senza identità, senza idee del futuro.
Manca la memoria
All’interno della comunità di tanto in tanto ed in più circostante, come in una litania leggendaria, si recita la vicenda delle origini aërbrëshe, ma -in verità- da noi si è persa la memoria della propria Storia, del cammino percorso nei secoli dagli antenati, della ricostruzione del post terremoto e di tutto quanto hanno fatto alcuni figli di questa terra. Il nostro è un paese dove è dato scrivere sui libri pagati col pubblico denaro che Contessa è stata rappresentata nel Parlamento Siciliano da don Alfonso Cardona (cosa ovviamente falsa, in quanto il Parlamento baronale non esprimeva il popolo) e ci si scorda di scrivere che un figlio di Contessa Entellina, Francesco Di Martino, non solo ha rappresentato la comunità locale al Parlamento Siciliano democraticamente eletto ma addirittura ha portato la sua voce all’interno dell’esecutivo regionale, di cui ha fatto parte.
Da noi si confonde il racconto leggendario con la Storia (quella con la S maiuscola), la Storia vera degli uomini, quella che sa sprigionare idee durature, passioni ed entusiasmi per costruire il futuro.
Manca l’identità
Contessa Entellina non possiede più una identità perché la grandissima parte della popolazione attiva è emigrata. Non è per caso fortuito se oggi è possibile assistere a episodi secondo cui un ignorante qualunque, che arriva da Roccacannuccia, riesce, nell’apatia degli amministratori locali e della collettività tutta, ad imporre i parametri culturali di Roccacannuccia e a mandare in archivio le secolari tradizioni, cosiddette aërbrëshe.
Manca il futuro
Contessa Entellina non spera nel futuro, priva come è di guide culturali e politiche. A Contessa Entellina manca il coraggio per fronteggiare il mondo circostante che, oggi, purtroppo appare come se fosse nelle mani dei cialtroni.
Alla nostra comunità nessuno sa parlarle, nessuno sa dirle che per rischiare di vincere, di sfondare, bisogna anche rischiare di perdere. Contessa Entellina oggi si accontenta invece di perdere senza rischiare; ovviamente perde male, per non dire malissimo.
L’attuale gruppo di amministratori, o per meglio dire l’amministratore comunale -attorniato dalle cuginette-, non sa leggere la realtà e l’unico affanno che appare prioritario -su tutto- è quello di garantire il “mensile” alle comparse, come se tutto fosse solo e comunque la ricerca della propria personale sopravvivenza.
La responsabilità
Da noi nessuno sa spiegare che ciascuno è chiamato a fornire chiarimenti e a rispondere di sé e delle proprie responsabilità. Fino a quando tutto ciò non sarà parte del patrimonio interiore di tutti noi la memoria, l’identità ed il futuro (nel senso vero del loro significato) non potranno dispiegare la loro grande energia né saranno alla portata della nostra comunità.

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