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giovedì 14 gennaio 2010

Il terremoto: a Contessa sono disponibili i fondi per completare -o spingere in avanti- la ricostruzione dell'edilizia privata. In un anno e mezzo di amministrazione di Sergio Parrino sono stati erogati però finanziamenti per soli 8 progetti.

Oggi nell'Aula Consiliare del Comune di Contessa Entellina è stata rievocata, alla presenza degli scolari della scuola dell'obbligo, quanto accaduto 42 anni fà. A Contessa in quella tragica notte perse la vita, nella via Croja, il concittadino Agostino Merendino.


Il terremoto nella Valle del Belice

 Nel primo pomeriggio del 14 gennaio 1968 una leggera scossa di terremoto anticipava in forma inoffensiva la catastrofe sismica che dopo poche ore avrebbe investito la Sicilia occidentale, eccezionalmente ricoperta di neve. A Contessa Entellina, in quell'anno, in quella data, era così tanta che ogni attività risultava bloccata da tre giorni, compresa quella di portare i morti al cimitero.
Nella notte due fortissime scosse a distanza di pochi minuti, di potenza compresa tra l'8° e il 9° grado della scala Mercalli, sconvolsero un territorio esteso 280.000 ettari, compreso nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento, provocando notevoli danni anche al patrimonio edilizio del centro storico di Palermo.



Le distruzioni più gravi si verificarono nei centri urbani ubicati lungo la valle del Belice, su un'area di circa 100.000 ettari con una popolazione di quasi 200.000 abitanti. Quattordici paesi in particolare furono colpiti con particolare violenza; quattro di essi, Gibellina, Montevago, Poggioreale e Salaparuta, più vicini all'epicentro, in pochi minuti furono rasi al suolo. A Calatafimi, Camporeale, Contessa Entellina, Menfi, Partanna, Salemi, Sambuca, Santa Margherita, Santa Ninfa, Vita, disposti pressoché in cerchio a distanza maggiore dall'epicentro, si verificarono crolli più o meno estesi e danneggiamenti diffusi del patrimonio edilizio, che comunque stravolsero gran parte degli insediamenti.
La fragilità del costruito, assolutamente inidoneo a resistere alle scosse sismiche, contribuì a rendere rovinosi gli effetti del terremoto che comunque fu di portata eccezionale: da gennaio ad aprile si contarono 291 scosse di cui molte avvertibili anche a Palermo, ma in realtà gli strumenti registrarono una continua attività sismica fino al 1973.



Molti edifici sopravvissuti alle scosse furono distrutti dalle ruspe: numerose abitazioni e architetture monumentali danneggiate dal terremoto, soprattutto a Santa Margherita Belice, furono demolite per presunti motivi di sicurezza. In quella circostanza si verificarono vere e proprie forme di sciacallaggio e di appropriazione indebita: furono trafugati arredi e decorazioni di ogni genere; elementi architettonici come balaustre, trabeazioni e perfino interi rivestimenti di interni di chiese transitarono verso botteghe d'antiquariato e abitazioni private.



Tutto sommato a fronte della devastazione del territorio e della distruzione dei centri urbani, il numero delle vittime fu abbastanza contenuto: 351 i morti e 582 i feriti; circa 100.000 persone però rimasero senza casa, anche se non è del tutto chiaro quante abitazioni siano state distrutte dal terremoto e quante demolite successivamente perché più o meno gravemente danneggiate, o comunque dichiarate inagibili. La scelta di demolire e ricostruire le case invece di restaurarle fu sicuramente influenzata dal fatto che i contributi per la demolizione e ricostruzione erano di quattro volte superiori a quelli previsti per le riparazioni. In ogni caso nelle prime stime fatte a caldo del patrimonio edilizio residenziale distrutto si parlò di 9.000 abitazioni. Il fabbisogno abitativo fu quantificato in 50.000 vani e la dotazione di servizi e attrezzature per la riorganizzazione del territorio fu quantificata in 2.100.000 metri cubi.

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