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martedì 19 gennaio 2010

Dalla fondazione di Contessa (sec. XV) come si misurava la ricchezza (e la povertà) in Sicilia ?

Il 1° gennaio 1840 in ogni dove della Francia divenne obbligatorio l’uso del sistema metrico decimale. Nell’Italia meridionale dei Borboni già all’inizio del XIX secolo si era aperto un dibattito per modificare il sistema di misurazione vigente da oltre sei secoli, dal periodo normanno-svevo. Nella parte continentale dei domini aragonesi nel 1480 Ferdinando I tentò di sancire l’uniformità per evitare che le alterazioni che avevano preso piede col trascorrere dei secoli. Il 6 aprile 1840 comunque un editto del re borbonico tentò, ancora una volta, di ridare ordine al sistema.

Per quanto attiene la Sicilia, che dal 1282 (dal dopo rivolta del Vespro siciliano) disponeva di una legislazione propria, non fu mai tentata una iniziativa per riportare ad uniformità il sistema di origine rispetto alle diversificate applicazioni localistiche. L’unico tentativo del 1809 puntò ad ovviare alle disomogeneità più eclatanti che, ovviamente, costituivano un dannoso freno al commercio all’interno della stessa isola.

Senza voler entrare nel complesso sistema dell’epoca evidenziamo solo alcune curiosità del “sistema”: Il miglio (equivalente alla sessantesima parte dell’arco di un grado medio del meridiano terrestre) comprendeva 100 “catene” e mille “passi”. In pratica il sistema contemplava una progressione decimale, che non si ritrova invece nei “sottomultipli” (come diremmo oggi). Il passo, ai fini delle misurazioni di piccola dimensione si componeva di sette palmi (ogni palmo equivale oggi cm. 25,809), da cui per convenzione si sanciva che 8 palmi equivalevano a una “canna” (=m. 2,064), mentre 10 palmi a una “pertica” e 16 canne una Corda pari agli odierni metri 33,0365, unità di misura significativa perché pari al lato del quadrato di superficie pari a un “tumminu”. Quarantacinque corde, a loro volta, (o se si preferisce 5760 palmi) costituiscono il Miglio Siciliano (= Km. 1,486), assai simile al miglio romano (=Km. 1,486).

E’ abbastanza evidente che caratteristica di un “sistema” di misurazione deve essere l’uniformità e, infatti, a questo scopo i vari provvedimenti regi si sono sempre riferiti a “campioni” depositati generalmente nelle capitali dei “domini” perché fossero di riferimento per ciascuno. Ancora oggi, noi, che spessissimo facciamo riferimento a quelle antiche misure, “Mondello”, “tumolo”, “salma” etc. siamo invece costretti a precisare se stiamo riferendoci alle misure di Contessa ovvero a quelle di Bisacquino o Sambuca di Sicilia. La salma di Contessa corrisponde a ettari 2,67.

In Sicilia la legge del 6 aprile 1840 mirava a restaurare l’antico sistema normanno-svevo, come descritto nel 1480 da Ferdinando d’Aragona, ed aveva una urgenza ancora più pressante che nel resto dei territori continentali del regno borbonico. Eppure come abbiamo detto, ancora oggi fra un paese e l’altro dell’isola sussistono usi di misurazione difformi (superate, ovviamente, dal sistema metrico decimale introdotto con l’unità d’Italia, 150 anni fa).

Per la misurazione della proprietà terriera di piccola estensione, ancora oggi, ci esprimiamo in “tumoli”, mentre per quelle di grande estensione in “salme” (equivalente a 16 tumoli). Vanno lentamente sparendo dal nostro lessico, e dalla nostra memoria, le misure di capacità dei liquidi, compresa l’acqua:
-barile,(= litri 42,982)
-lancella,
-quartara, l’antica anfora equivalente a litri 17,193)
-botte. (equivalente a 40 quartare ossia litri 687,721)
-caraffa (da noi chiamato bucali: litri 2,149)
Per l’olio ricorrente riferimento è tuttora il “cafiso”.
(Continua)

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