StatCounter

domenica 22 novembre 2009

Antiche tradizioni - pratiche - usi - specificità locali, rilevabili ai giorni nostri (1)

  Nell'approssimarsi dell'8 dicembre, giornata che la Chiesa dedica all'Immacolata, ci piace tirare fuori dagli scaffali un libro di grande importanza per la memoria, di ogni paese di Sicilia, di antichi gesti, e di vecchie pratiche che ancora oggi restano nei nostri costumi e nelle nostre abitudini.
 Il libro è di Ignazio E. Buttitta, ed il titolo è "Le fiamme dei Santi - Usi rituali del fuoco in Sicilia" - Meltami editore srl-Gli Argomenti(*).
   Nell'interessante e vasto libro poco spazio è, purtroppo, dedicato a Contessa Entellina e l'interesse è puntato sul fuoco che viene appiccato, nella serata del 7 dicembre, a U DIAVULAZZU.
   Riportiamo integralmente quanto scrive Ignazio Buttitta che sarebbe stato rilevato il 7 dicembre 1996, puntualizzando soltanto che la sera del 7 dicembre non viene celebrata alcuna messa; vengono solamente cantati i Vespri.
 Il Contessioto

Contessa Entellina (7-12-1996) è un piccolo centro collinare che conta circa 2000 abitanti, una parte dei quali di origine albanese. Il primo nucleo dell'attuale abitato fu infatti fondato nella seconda metà del '400 da un gruppo di albanesi con l'aiuto di Caterina Cardona, contessa di Chiusa. Si parla ancora da alcuni in arbreshe e, accanto a quello latino, si amministra il rito greco. A Contessa, la sera precedente la festa dell'Immacolata, presso la chiesetta dedicata a San Rocco, si effettua il rogo dei "diavuli", fantocci costituiti da vecchi abiti imbottiti di paglia. I fantocci tradizionalmente sono due ma, in realtà, il loro numero varia di anno in anno. In occasione del mio rilevamento erano quattro. La loro realizzazione è sempre stata affidata ad adulti, mi dice l'attuale costruttore di "diavuli".
 In realtà egli ne ha realizzati due, i principali, mentre i ragazzi ne hanno fatti due un pò più piccoli. Tutti e quattro, al termine della messa in rito greco, vengono fatti scivolare su di un filo metallico da un ampio foro circolare che si apre sul portale della chiesa. Il filo è teso fra questa e un palazzo di fronte. Prima del restauro della chiesa i fantocci venivano lanciati, secondo le stesse modalità dal campanile. Terminata la messa, al suono festivo delle campane, i fedeli cominciano a disporsi nella piazza dove già ha preso posto la banda. Un rullo di tamburo, la banda inizia a suonare. Si spengono le luci della chiesa ed ecco scivolare sul filo, a mò d'impiccato, il primo "diavulu". Una volta sospesi a mezz'aria un ragazzo dà fuoco ai fantocci per mezzo di uno straccio posto in cima a una lunga canna (in passato si usavano dei torcioni di ddisa). Uno a uno i diavuli scivolano sul filo e vengono bruciati mentre la banda continua a suonare allegre marce. Il fuoco smembra e distrugge i fantocci che cadono al suolo in brandelli fumanti sotto gli sguardi compiaciuti degli adulti e le urla di gioia dei più piccoli. In breve sono ridotti in cenere e la gente può pornare in casa soddisfatta di aver visto anche quest'anno la Madonna trionfare sul simbolo del male le cui ultime misere vestigie finiscono di consumarsi sulle pietre del sagrato: 'Diavuli si chiamano' è quanto dice anche il parroco nel corso della sua predica, durante la celebrazione della messa.

" e quella cosa che faremo ora vuole significare attraverso un pò di folklore che il demonio è sconfitto (...) ecco il demonio viene bruciato e stasera ne abbiamo in abbondanza di demoni (...). Che sia lo stimolo per noi a prendere coscienza di una realtà esistente che è il demonio e che vogliamo, come degni figli di Maria, vogliamo distruggere anche attraverso questo gesto che sa di folkloristico, ma sicuramente ha espresso e deve continuare ad esprimere la semplicità della nostra terra. Sia lodato Gesù Cristo."

Si voglia discutere o meno lo spessore antropologico (e qualcos'altro) della predica, almeno a Contessa Entellina non si osserva l'ottusa battaglia condotta in altri luoghi dalla Chiesa contro i riti "pagani".

(*)Ignazio E. Buttitta insegna Etnostoria presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Sassari e Etnoantropologia presso la Facoltà di Economia dell’Università “Kore” di Enna. Tra le sue pubblicazioni: Feste dell’alloro in Sicilia (1992); Le fiamme dei santi. Usi rituali del fuoco in Sicilia (1999). Per Meltemi ha scritto il saggio "I corpi dei santi. Breve discorso intorno alle immagini della santità" pubblicato ne Il corpo e la festa (1999) e i libri Le fiamme dei santi (1999), La memoria lunga (2002), I morti e il grano (2006) e Verità e menzogna dei simboli (2008).

Nessun commento:

Posta un commento