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domenica 20 settembre 2009

Da noi anche gli allevamenti chiudono. La politica oggi si occupa solo di clientele.

Riceviamo e pubblichiamo il seguente scritto di Mimmo Clesi.
Il Contessioto
L’economia ha l’ambizione di essere una scienza. In effetti fra le discipline che studiano i comportamenti dell’uomo è quella che più fa uso della matematica, della statistica e della metodologia scientifica. Il ministro Tremonti recentemente ha comunque invitato gli economisti a stare zitti, accusandoli, proprio loro che hanno sempre qualcosa da ridire sulle misure antirecessione del governo, di non avere previsto la crisi finanziaria globale che ha investito da un anno e mezzo in qua il pianeta.
La verità come sempre sta nel mezzo, fra i diversi punti di vista. Per prevedere, decidere ed attuare bisogna conoscere, bisogna disporre delle fonti di monitoraggio e di quelle delle informazioni in genere; questi mezzi non sempre sono nella disponibilità degli economisti, lo sono invece nel quadro di comando di cui sono dotati i governi; e questi non sempre li usano con trasparenza (anzi talvolta per esigenze politiche addirittura le manipolano).

Dopo questa premessa lontana dagli orizzonti nostri, che restano quelli locali, nella misura in cui li possiamo cogliere -per esempio- noi contessioti, passiamo a tirare fuori qualche testo di economia per capire perché Contessa (e con essa tutto l’interno dell’isola) continua a svuotarsi delle sue migliori energie, quelle giovanili. I giovani vanno via dopo che, con i sacrifici delle famiglie, hanno conseguito un titolo di studio e hanno acquisito le premesse per l’accesso al mondo del lavoro e al mondo della produzione della nuova ricchezza, quella che serve per vivere. Se non si produce ricchezza infatti non resta altro da fare che vivere sul patrimonio, cioè consumando ciò che i nostri padri ci hanno lasciato. Ma anche questa via, così contraria ad ogni logica, a Contessa è pure essa difficile da percorrere.
Provate infatti a trovare un acquirente alle case post-terremoto costruite con costi superiori ai 100-120 mila euro! Troverete acquirenti che ritengono di ben pagarvi riconoscendovi come corrispettivo 50 mila euro. L’economia sa spiegarci la ragione di questo paradosso dicendoci che l’offerta di case a Contessa supera la domanda e riesce pure a dirci -con i suoi complessi calcoli-, se sapremo mettere a disposizione i dati territoriali, cosa accadrà nei prossimi anni. Da noi tuttavia i dati territoriali è difficile conseguirli perché la pubblica amministrazione, i politici, gli amministratori, la scuola non conoscono nulla in proposito, non sanno cosa sia la programmazione e non sanno su quali riferimenti devono tentarla. A questo proposito è indicativo il comportamento dell’amministrazione comunale di Contessa Entellina. Il sindaco nel luglio 2008 doveva rendere le dichiarazioni programmatiche al Consiglio Comunale, doveva spiegare cioè come avrebbe perseguito le promesse elettorali, con quali risorse finanziarie ed umane, entro quali tempi, con quali percorsi metodologici etc. Il sindaco invece, in quella occasione, ha riletto in Consiglio il programma elettorale, come se i consiglieri con cui si era confrontato in un mese di campagna elettorale non avessero sentito più volte quella canzone. Il sindaco non ha impostato quindi una programmazione locale perché, probabilmente, ha una conoscenza superficiale del territorio e delle potenzialità. Volendo spendere tuttavia qualche parola a sua discolpa possiamo pure dire che la programmazione dei livelli superiori (Provincia, Regione, Consorzio Belice etc.) pur esistendo è piuttosto vaga e qualche volta poco concreta. In questi livelli, è noto a tutti, gli investimenti cioè le spese destinate a creare infrastrutture (strade, irrigazioni, impianti produttivi), con motivazioni che sanno di idiozia, spesso vengono invece destinate per voci di consumo (consulenze milionarie ad amici, stipendi per occupazioni inesistenti, ripianamento di debiti e spese inutili a favore di vari carrozzoni).
Si dirà: sono cose che accadono da sempre. Può darsi ! anzi è vero ! Però in passato qualcosa nel meridione si realizzava, tante spese erano inutili, ma altre con scopi produttivi si eseguivano. Adesso, sappiamo delle prime due tranche degli investimenti per la Sicilia (quegli investimenti che Lombardo e Micicchè gridavano di volere, quelli che sulla carta erano già da tempo destinate all’isola), quelle due tranche stanno andando a finire una parte per aiutare il commercio nei paesi mediterranei –il libero scambio- (di cui non beneficia solamente la Sicilia) e l’altra per dare una mano all’amministrazione comunale palermitana in materia di igiene. E gli investimenti ? le strade per l’agricoltura ? gli impianti di irrigazione ? l’agricoltura moderna ?
A Contessa manchiamo di tutto sul piano produttivo. Gli economisti classici dicevano che per produrre ricchezza servivano: terra, capitale, lavoro.
Per terra si intendeva un contesto adatto a creare benessere. Qui ci sono 13.000 ettari di terreni, privi di tutto, di acqua per l’irrigazione, privi di strade di penetrazione -al punto che questi vasti territori non sono, contrariamente a quanto accadeva nel passato, nemmeno idonei agli allevamenti del bestiame perché il latte prodotto non può essere immesso, per mancanza di viabilità, sul mercato; le poche aziende zootecniche che hanno finora resistito cominciano a chiudere-. Può darsi che prima le cose andassero proprio come oggi, ma almeno alla regione, alla provincia, al parlamento c’era l’opposizione che teneva desta la sensibilità dell’opinione pubblica. Oggi questa pare più interessata alla vita privata dei governanti che ai loro comportamenti pubblici, ossia al loro malgoverno.
Oggi le realtà locali non possono nemmeno rivolgersi ai parlamentari perché questi non sono interessati allo sviluppo locale bensì alle vicende e alle condizioni di potere dei loro leader nazionali, i soli che possono decidere se alla prossima tornata elettorale il loro nominativo sarà inserito o meno nell’elenco dei papabili per il prossimo parlamento. Lo sappiamo tutti, la gente non sceglie più i rappresentanti al parlamento ed i sindaci, ultimi anelli della catena pubblica, non sanno più a quale porta devono bussare.
Da noi la terra, priva di infrastrutture, priva degli investimenti non serve. Il capitale, i finanziamenti non arrivano perché sono dirottati con frequenza ad alimentare le clientele politiche, a finanziare corsi di formazione inutili e a cose simili. Ed il lavoro, cioè le risorse umane, i nostri giovani scappano verso il Nord.

Non è quindi l’economia che non sa prevedere i percorsi del benessere, è la politica che da noi ha intrapreso vie finora sconosciute: si è trasformata in autocrazia, lontana dal territorio e famelica perché deve autoalimentarsi.
Chi scrive queste cose non è mai stato estremista, né di destra né di sinistra, anche se l'analisi svolta può apparire severa. Ma vedere le strade di Contessa semideserte gli fa male e ritiene che tutte le coscienze, da quella degli amministratori a quella dei pensionati dovrebbero cominciare a svegliarsi. Anche nel nostro piccolo ciascuno dovrebbe contribuire a risvegliare le coscienze di coloro che gli stanno vicino. Nessuno dia l’impressione che la periodica corsa verso il Comune è solamente finalizzata a conquistare -per cinque anni- l’indennità di carica.
Mimmo Clesi

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